Lo «zar della frontiera», l’incubo dazi, la gioia di Bolsonaro e Milei
Articolo Precedente
Articolo Successivo
Nella lista delle priorità di Trump, l’America latina, si sa, non figura certo ai primi posti. E che il leader tycoon se ne disinteressi, per la regione potrebbe non essere affatto una cattiva notizia. IL DISCORSO, tuttavia, non vale per il Messico, a cui il presidente eletto ha già rivolto varie minacce. Come quella, per esempio, di deportare milioni di indocumentados o di imporre dazi del 25% alle importazioni di prodotti messicani nel caso in cui il governo Sheinbaum non blocchi il flusso di migranti – e di Fentanyl – verso gli Usa. (il manifesto)
Ne parlano anche altri giornali
Donald Trump, a quanto trapela, non perde tempo nel concretizzare le sue promesse elettorali. Il neoeletto presidente ha alzato la posta: non ha soltanto rilanciato l’idea di completare il lungo muro con il Messico, ma intende anche sradicare ed espellere persone che si sono insediate negli Stati Uniti da molti anni, hanno trovato occupazione, pagato le tasse, costituito delle famiglie, a volte avviato delle imprese o intrapreso studi universitari. (Avvenire)
Ecco i piani di Trump sui migranti illegali (Start Magazine)
Non più tardi del mese scorso, Tom Homan – l'uomo che Donald Trump ha scelto come nuovo responsabile della frontiera degli Stati Uniti – ha difeso la politica di separazione delle famiglie al confine meridionale americano, messa in atto dal presidente eletto degli Stati Uniti nel suo primo mandato. (WIRED Italia)
Il presidente eletto ha infatti commentato con un "vero" sul suo social Truth il post con cui Tom Fitton, presidente del Judicial Watch, riferiva dei preparativi della futura amministrazione Trump per deportare milioni di migranti senza documenti. (Today.it)
Miguel non è americano, ma ha le idee chiare su come funzionano gli Stati Uniti. Forse perché, come immigrato senza documenti, ha studiato a lungo, sempre dal basso, gli ingranaggi del sistema Usa, misurando con cura dove poteva infilarsi senza rimanerne schiacciato. (Avvenire)
Non è solo una questione di numeri, è una dichiarazione politica: deportare vite per un ritorno all’America che Trump sogna. L’idea non è nuova, ma questa volta porta con sé il peso di un’ambizione spietata: Donald Trump annuncia il programma di rimpatri forzati più grande della storia americana. (LA NOTIZIA)