“Mi sta turbocopiando!”, Fusaro attacca Giuli per l’uso di parole a cazzo
ROMA – È guerra aperta tra due filosofi, uno fatto e uno in fieri: da un lato Diego Fusaro, laureato in Filosofia della Storia e di X, dall’altra il Ministro della Cultura Alessandro Giuli, quasi laureato in Filosofia (se tutto va bene dovrebbe ottenere l’alloro a gennaio). Il primo è diventato famoso per espressioni come “panconsumista erotico a immaginario ipersessualizzato”, oppure “il turbocapitalismo globocratico genera lo sradicato come profilo antropologico” e altri scioglilingua idioti, il secondo con costruzioni sintattiche ardite come “la quarta rivoluzione epocale della storia delineante un’ontologia intonata alla rivoluzione permanente dell’infosfera globale” e “dobbiamo riaffermare la centralità del pensiero solare della battaglia delle idee che si discioglie nella luce meridiana dello spirito mediterraneo” che ormai tutti usiamo correntemente. (Lercio)
Se ne è parlato anche su altri media
Il ministro della Cultura Alessandro Giuli torna a parlare dopo la bufera che lo ha travolto, a partire dalle dimissioni del suo capo di gabinetto Francesco Spano, fresco di nomina. “Un ministro deve avere dei margini riconoscibili di indipendenza, soprattutto nella misura in cui, io sono ministro anche per Saviano, per Scurati, si fa espressione di un governo il cui partito principale ha il 30%, in quel 30% deve esserci lo spazio per una destra progressiva, non reazionaria, e che non guarda al passato. (LAPRESSE)
“Anche un ministro deve avere dei margini riconoscibili di indipendenza“. Sono stati giorni di grande difficoltà dopo le dimissioni del suo capo di gabinetto Francesco Spano un po’ per i presunti conflitti d’interesse sollevati dalla puntata di Report che sarà in onda stasera un po’ per le pressioni dall’interno di Fratelli d’Italia che si sono trasformate anche in una sagra dell’insulto in qualche occasione più privata (“pederasta” ha scritto un dirigente romano su una chat). (Il Fatto Quotidiano)
L’uomo nuovo del fascismo si distingue per la sua volontà e azione», tuonava Benito Mussolini. È curiosa questa inversione di ruoli: da sempre, sono le forze della reazione a farsi beffe degli intellettuali e degli eloqui forbiti. (La Gazzetta del Mezzogiorno)
Il suo discorso pronunciato durante l'audizione alle Commissioni Cultura della Camera e del Senato, oggetto di battute e meme, aveva un "grado di complessità direttamente proporzionale agli interlocutori e al contesto – dice il ministro della Cultura Alessandro Giuli, ai microfoni di 'La lingua batte', su Radio3 – Se parli con deputati che siedono in Commissioni Cultura, allora 27 secondi di citazione di un paio di testi, oggettivamente complessi, sarò teoretico ma è una scommessa che si può tentare. (la Repubblica)
«Il mio linguaggio è anche la dimostrazione di come non sono in cerca di consensi politici, mi percepisco come una persona che proviene dal mondo della cultura e che si è messa al servizio; se cercassi clientele politiche di basso profilo mi costringerei a usare un altro registro ma non mi interessa». (Open)
Orbene, lo scherno di cui Egli è vittima principia dall’utilizzo in sedi istituzionali di espressioni appartenenti al registro alto della nostra lingua. Egli evita di addolcire l’eloquio, non rendendolo così decifrabile dalle anodine menti degli ascoltatori sempre meno avvezzi alle perversioni dell’alta linguistica, facendo indubbio (anche se di dubbio gusto) sfoggio di erudizione. (Nicola Porro)