A 20 anni dall’invasione americana, l’Iraq sanguina ancora

Sono passati 20 anni dall’inizio dell’operazione militare degli Stati Uniti e dei paesi alleati in Iraq, che ha rappresentato insieme all’Afghanistan l’apice e la fine della dottrina di "esportazione della democrazia" di Washington. Almeno 300 mila civili morti in Iraq Negli otto anni di operazione militare, ufficialmente conclusa solo nel dicembre 2011 con il completamento del ritiro durante l’amministrazione di Barack Obama, 8.500 tra militari e contractor Usa sono rimasti uccisi, mentre secondo alcune stime Washington avrebbe speso in totale circa 2.000 miliardi di dollari negli anni di occupazione. (Tempi.it)

Se ne è parlato anche su altri giornali

L’operazione, sulla scia degli attentati dell’11 settembre 2001 e di Amerithrax, aveva trovato l’avallo della Gran Bretagna di Tony Blair, della Spagna di José Maria Aznar e dell’Italia di Silvio Berlusconi, oltre che di una ventina di altri leader e Paesi. (L'INDIPENDENTE)

Vent’anni fa, le truppe di terra statunitensi e alleate invasero l’Iraq. La campagna di bombardamenti «shock and awe» era iniziata il giorno prima. Vent'anni fa gli Usa e i loro alleati invadevano l'Iraq basandosi su bugie e prove palesemente false, denunciate all'epoca dal movimento pacifista globale. (Jacobin Italia)

Di Pasquale Pugliese (Il Fatto Quotidiano)

Nel video celebrativo c’è anche qualche volto noto. “Ritornare a quei giorni aiuta anche a capire il presente” spiega Bergamaschi, oggi più che mai impegnato nella diplomazia per quanto concerne il fronte ucraino, con lo scacchiere che però è internazionale e coinvolge tante potenze in campo e non soltanto Russia e Ucraina. (OglioPoNews)

di Alessandro Andrea Argeri. Il 20 marzo 2003 cade l’anniversario della guerra in Iraq dichiarata dagli Stati Uniti contro il regime di Saddam Hussein. Ah, sì, nel mentre ci sono stati morti incalcolabili, ma quelli evidentemente sono secondari, anzi, “necessari per i valori democratici”. (IlSudEst)

L'esperienza non ha spinto gli Stati Uniti a cambiare il loro impegno militare, e nemmeno la strategia in Afghanistan. Quello che è cambiato nel dibattito è stato il tema di come uscire da questi interventi, secondo il filosofo di Princeton Il filosofo Michael Walzer (la Repubblica)