Han Kang, voce sudcoreana che racconta tutto il mondo

ROMA. Poetica, onirica, visionaria e nello stesso tempo capace di raccontare la brutalità del potere e la violenza della realtà, Han Kang è la prima scrittrice sudcoreana a vincere il Premio Nobel per la Letteratura ed è il secondo Nobel in assoluto del suo Paese, dopo quello per la Pace all'ex presidente Kim Dae-Judg nel 2000. Premiata dall'Accademia di Svezia «per la sua intensa prosa poetica che mette a confronto i traumi storici con la fragilità della vita umana», Han Kang aveva appena finito di cenare con il figlio quando è arrivato l'annuncio che le era stato assegnato il Nobel per la Letteratura 2024. (Il Centro)

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Il Premio assegnato dall’Accademia svedese alla scrittrice sudcoreana Di Redazione Cultura (Corriere della Sera)

Un premio meritato, per un’autrice di pochi libri, in tutto otto romanzi, davvero capace, come recita la motivazione dell’Accademia svedese, “di mettere a confronto” con la sua “intensa prosa” “i traumi storici con la fragilità della vita umana”. (Luce)

La sua opera è composta da otto romanzi, una raccolta di poesie, e alcuni racconti, più un’installazione di videoarte. Kang ha come caratteristica peculiare uno sguardo penetrante sul suo tempo e la sua cultura di appartenenza, capace di scendere in profondità per poi risalire all’origine dei danneggiamenti che innescano cause e effetti delle sue storie. (doppiozero)

Han Kang, tra il corpo e il dolore, con grazia ossessiva

È un libro che tutte le persone interessate al cibo dovrebbero leggere? È un libro che tutte le persone dovrebbero leggere, innanzitutto, perché è molto bello. Il romanzo più noto di Han Kang, quello con cui è diventata famosa, si chiama La vegetariana. (Dissapore)

Laureata in Lingue e culture orientali, e a Seoul da una vita, Lia ci racconta come si sente a contribuire a far conoscere in Italia una scrittrice così influente. Per noi è anche l’occasione per riflettere sulle connessioni tra mondi, apparentemente così distanti, che lei aiuta ad avvicinare: “Sapere che i trent’anni vissuti in Corea e tutte le mie esperienze personali, professionali, sociali, sono confluite in modo utile in una cosa tanto importante, è stato come “chiudere il cerchio”. (L'Aquila Blog)

Le ferite della psiche, ricucibili attraverso il tentativo di esprimere l’Io con i mezzi della scrittura. Il dialogo con il proprio corpo, con il quale si intrattiene una relazione solo apparentemente intima, che all’improvviso rivela una perfetta estraneità. (il manifesto)