Francia, Macron sceglie Barnier come primo ministro
Il presidente francese Emmanuel Macron ha nominato primo ministro l'ex commissario europeo e negoziatore per l'Ue nelle trattative per Brexit Michel Barnier. "Il presidente della Repubblica ha nominato primo ministro Michel Barnier, incaricandolo di instaurare un Governo di unificazione al servizio del Paese e dei francesi", si legge in una nota diffusa dall'Eliseo in un comunicato stampa. "Questa nomina arriva dopo un ciclo di consultazioni senza precedenti durante il quale, in conformità con il suo dovere costituzionale, il Presidente ha assicurato che il Primo ministro e il futuro Governo riunissero le condizioni per essere i più stabili possibili", ha aggiunto il comunicato. (Borsa Italiana)
Se ne è parlato anche su altri giornali
Olaf Scholz vuole copiare il piano Rwanda mollato dagli inglesi per allontanare il surplus d’immigrati.Matteo Salvini attacca: «Chiederemo la revoca della messa al bando dei ... (La Verità)
Il fuoco di fila è incominciato all’alba. Un’interpretazione che si apparenta a una «favola», come l’ha definita Faure, per la quale la nomina di Barnier – con la benedizione di Marine Le Pen – sarebbe colpa della sinistra. (il manifesto)
Ma la sua strada appare tutta in salita. PARIGI – Emmanuel Macron scioglie finalmente il rebus della nomina del nuovo premier. (la Repubblica)
È un uomo della destra moderata, esce dalle fila dei Républicains, gli ex gollisti ormai ridotti al lumicino, e già da oggi è il bersaglio privilegiato dei socialisti, dell’ultrasinistra e degli ecologisti. (QUOTIDIANO NAZIONALE)
La sinistra nel suo insieme esclude di partecipare al governo e non perderà occasione di sfiduciarlo. (Corriere del Ticino)
Dal lontano 1973, quando diventò consigliere provinciale in Savoia, ha collezionato incarichi sempre più alti, in Francia e in Europa, guadagnandosi spesso la stima degli avversari. Tanto che nel centrodestra francese d’estrazione gollista, il nuovo premier francese Michel Barnier è stato a un certo punto visto da molti come un «aspirante all’Eliseo mancato», avendo le competenze e l’esperienza per la poltrona suprema, ma non il carisma e lo spirito pugnace che in genere fanno la differenza in un’elezione presidenziale. (Avvenire)