«Quegli attacchi sui social a Mattarella e le nostre fragili democrazie»

Questo non per negare i tentativi di cospirazione che ci sono stati in passato anche in Italia, ma per rendere la casa “trasparente”.

Dobbiamo chiederci: e se le garanzie civili che la democrazie autentiche custodiscono sparissero di colpo?

Sono solo alcuni degli insulti che giravano sui social rivolti al presidente Sergio Mattarella.

Non è la prima volta che il presidente Mattarella, come altre altissime cariche istituzionali, sono stati fatti oggetto di campagne d’odio sui social. (Famiglia Cristiana)

La notizia riportata su altri media

Dopo le offese e minacce circolate sui social del web in offesa, denigrazione e minacce al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sono scattate le perquisizioni dei carabinieri del Ros in numerose città italiane nei confronti di 11 indagati. (Avanti!)

Bene quindi che si sappia la base giuridica e le effettive, legittime conseguenze di queste azioni. Se si tratta di istigazione a commettere uno o più delitti e una o più contravvenzioni, si applica la pena stabilita nel numero 1. (Agenda Digitale)

Certo, ammette il docente, “sul mio profilo i post contro il presidente della Repubblica ci sono, perché io l’ho criticato diverse volte, però sono tweet di critica politica, assolutamente non minacce. (Il Giornale del Molise)

Giornalista, conduttore, divulgatore scientifico, il papà di Quark a 92 anni riceve così l’ennesimo riconoscimento. Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha conferito a Piero Angela l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. (Zazoom Blog)

Così all’Adnkronos il professore universitario Marco Gervasoni, docente dell’ateneo del Molise finito tra i perquisiti nell’indagine per minacce a offese al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che conta undici indagati. (Zazoom Blog)

L’articolo recita: “Chiunque offende l’onore o il prestigio del Presidente della Repubblica è punito con la reclusione da uno a cinque anni”. La Cederna perse in tutti i gradi di giudizio, ma non per vilipendio nei confronti del Capo dello Stato bensì per diffamazione (Nicola Porro)