La crisi della Germania vista da una sociologa: la "paura del declino" va oltre la realtà
Di Sergio Casali Mentre per la prima volta nella sua storia la Volkswagen chiudeva alcuni stabilimenti e il gigante dell’acciaio Thyssenkrupp licenziava migliaia di dipendenti, poche settimane fa la Süddeutsche Zeitung, uno dei principali quotidiani tedeschi, usciva con un titolo di grande impatto: «La paura della povertà è diventata socialmente esplosiva». Perché la Germania, storicamente la “locomotiva d’Europa”, prima economia europea per dimensioni del PIL è oggi l’unico tra i paesi avanzati a trovarsi ad affrontare una recessione, e questa non è solo la causa dei sommovimenti politici che scuotono il Paese, ma anche la ragione di scosse sotterranee che attraversano la società tedesca e fanno emergere fantasmi antichi. (Famiglia Cristiana)
La notizia riportata su altri media
Si tratta di settori che per lungo tempo hanno dato contributi molto importanti e che ora in tutto il mondo, non solo in Germania, hanno alcune difficoltà (l’auto in particolare) perché si confrontano con cambiamenti e transizioni. (Corriere del Ticino)
E non solo per il comparto automotive. Il vento che soffia dalla Germania non è foriero di buone notizie. (Corriere della Sera)
Mentre l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale è concentrata sulla vittoria di Trump anche la Germania ha vissuto un dramma politico. (La Stampa)
Ci sono tre tipi di crisi economiche: la prima risponde a uno stimolo; la seconda alle riforme; e poi c’è la terza, quella che la Germania sta attraversando in questo momento. È una crisi, quest’ultima, che solleva interrogativi molto precisi per i tedeschi: chi sono, con chi stanno, che cosa sanno fare, e che ruolo rivestono nel mondo. (Corriere della Sera)
Nulla di drammatico, in fin dei conti anche il Giappone sta senza troppi traumi vivendo la sua terza età industriale, ma ci sono tutte le ragioni per pensare alla fine di un modello economico che aveva le sue radici nel Wirtschaftswunder, il miracolo economico di 70 anni fa. (il Giornale)
Continuando i ragionamenti sviluppati ieri, non si può non partire dalla constatazione che oggi la Germania è di nuovo considerata il «malato d’Europa», come accadde alla fine degli anni Novanta. (tviweb)