Nell'Artico scoperto un virus gigante che potrebbe rallentare la fusione dei ghiacci

Quando il sole sorge nell'Artico dopo mesi di oscurità, la vita ritorna ad appropriarsi del paesaggio: gli orsi polari emergono dalle loro tane invernali, la Sterna paradisea torna in volo dal suo lungo viaggio verso sud e i buoi muschiati si dirigono verso nord. Oltre agli animali più conosciuti, esiste una serie di esseri viventi che si risveglia in questo periodo. Pur non avendo la stessa visibilità e il fascino, queste creature svolgono un ruolo fondamentale sia da un punto di vista ecologico, sia climatico. (la Repubblica)

Se ne è parlato anche su altri media

È la scoperta fatta in Groenlandia dal team di scienziati guidati Laura Perini, ricercatrice italiana della Aarhus University danese, che potrebbe rallentare una delle ripercussioni maggiori del cambiamento climatico in corso: la liquefazione dei ghiacciai nella regione dell’Artide. (Virgilio Notizie)

Le alghe che fioriscono in primavera vanno a oscurare la superficie glaciale che, non riflettendo bene la luce del sole, si scioglie più velocemente. (Fanpage.it)

E per la prima volta sono stati individuati su di essa dei virus giganti, che – al contrario di quanto si potrebbe pensare in un primo momento – potrebbero rappresentare un segnale positivo. (Libero Tecnologia)

Groenlandia: tra i ghiacci ci sono virus giganti, la scoperta

Sembra incredibile, tuttavia questi piccoli pezzi di carta, se ci si pensa, sono testimoni di precisi momenti storici oltre che veri e propri pezzi unici, testimonianza di tempi che non torneranno più. (Proiezioni di Borsa)

Un gruppo di ricerca guidato dalla Aarhus University (Danimarca) ha scoperto dei virus giganti sulla calotta glaciale in Groenlandia mai visti prima. E che potrebbero davvero essere di aiuto per rallentarne lo scioglimento dovuto all’innalzamento termico (greenMe.it)

Groenlandia, virus nella calotta glaciale: cosa succede? Virus di circa 2,5 micrometri sono ritrovati nei ghiacci della Groenlandia da parte di gruppo di ricercatori dell’Università di Aarhus in Danimarca. (METEO.IT)