Hamilton e Ferrari, un inizio difficile: "Mi serve un trapianto di cervello"

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Non è il debutto che Lewis Hamilton si aspettava vestendo la tuta rossa. A Gedda, il sette volte campione del mondo ha ammesso senza giri di parole di non riuscire a trovare la sintesi con la Ferrari SF-25, al punto da definire positivo l’accesso al Q3, ottenuto per un soffio. "Devo fare un respiro profondo", ha confessato dopo le qualifiche, dove si è piazzato settimo, staccato di mezzo secondo da Charles Leclerc. Un divario che, per un pilota del suo calibro, suona come un campanello d’allarme.

Se nei test a Bahrain aveva mostrato ottimismo, oggi il sorriso è svanito, sostituito da smorfie e frustrazione. "So che i tifosi non sono felici, la squadra no, e neanche i capi", ha aggiunto, ammettendo di non comprendere appieno le ragioni delle sue difficoltà. Quella che doveva essere una partnership trionfale, celebrata come l’arrivo di un Messia a Maranello, si sta rivelando un rompicapo tecnico e mentale. "Mi serve un trapianto di cervello", ha ironizzato, senza nascondere il disappunto.

La Red Bull, nota per la sua spietata efficienza, probabilmente avrebbe già preso provvedimenti di fronte a prestazioni simili. Ma Hamilton non è un rookie: è un mostro sacro della F1, accolto dalla Ferrari con grandi aspettative, anche mediatiche. La sua presenza ha riportato l’attenzione globale sul Cavallino in modo senza precedenti, ma ora serve qualcosa di più del marketing. Servono risultati.