Stato-mafia, giudici: ‘dialogo’ per spaccare Cosa nostra

E l’unica finalita’ dei carabinieri era quella di fermare le stragi “insinuandosi in una spaccatura” all’interno di Cosa nostra.

Facendo leva su tensioni e contrasti, si cercava insomma di dialogare con Bernardo Provenzano per colpire meglio l’ala stragista di Toto’ Riina.

Serviva a un volonta’ un “segnale di buona proseguita e di disponibilita’ sulla via del dialogo”

Anche la mancata perquisizione del covo di Riina puo’ essere ricondotta a questa strategia. (il Fatto Nisseno)

La notizia riportata su altri giornali

Il dialogo con pezzi di Cosa Nostra Per la corte la decisione di avvicinare l’ex sindaco mafioso Vito Ciancimino per iniziare a dialogare con pezzi di Cosa nostra sarebbe stata presa proprio per evitare nuove stragi. (Corriere del Mezzogiorno)

Il corpo politico che avrebbe dovuto essere costretto ad adottare provvedimenti a favore della mafia era il governo di Silvio Berlusconi. Quanto alla trattativa, la linea di Mori e degli altri sarebbe stata quella di mandare segnali. (Avvenire)

I giudici ricordano anche le "doglianze che Borsellino aveva personalmente raccolto nei suoi contatti con i carabinieri del Ros" Adesso è scritto nero su bianco, nelle 2.971 pagine delle motivazioni dei giudici della Corte d'assise d'appello di Palermo depositate ieri in cancelleria. (Adnkronos)

– La Corte d’assise d’appello di Palermo ha depositato le motivazioni della sentenza con la quale il 23 settembre scorso ha definito il processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. Un superiore interesse spingeva ad essere alleati del proprio nemico per contrastare un nemico ancora più pericoloso”. (lasiciliaweb | Notizie di Sicilia)

Adesso è scritto nero su bianco, nelle 2.971 pagine delle motivazioni dei giudici della Corte d’assise d’appello di Palermo depositate ieri in cancelleria. Secondo l’accusa sarebbe stata la trattativa tra Stato e mafia ad accelerare la morte di Paolo Borsellino, mentre adesso i giudici dicono che non è così. (La Sicilia)

I giudici – accogliendo anche le risultanze dei processi con sentenza definitiva – ritengono che siano provati i contatti tra Vittorio Mangano e Dell’Utri. Per i giudici quindi anche il fatto che lo stesso Brusca non sapesse se il messaggio era stato recapitato è uno degli elementi della mancanza della prova dell'”ultimo miglio” (Il Fatto Quotidiano)