Pikachu contro Erdogan: in Turchia è scoppiata la rivolta (pop)olare della generazione Z

Articolo Precedente

precedente
Articolo Successivo

successivo
Secolo d'Italia ESTERI

A Istanbul la primavera è arrivata in anticipo, ma non profuma di gelsomini. Sa di gas lacrimogeni, blindati, manganelli. Eppure, tra una carica e un blackout informativo, sbuca un fulmine giallo: Pikachu. Non è un errore, né una caricatura. È l’immagine-simbolo delle proteste che scuotono la Turchia dopo l’arresto (Secolo d'Italia)

La notizia riportata su altri giornali

La manifestazione, pacifica, ha attraversato il centro storico con cartelli e cori a sostegno del politico turco, sospeso dal suo incarico e incarcerato lo scorso 19 marzo. Con questo e altri slogan, alcune decine di studenti e cittadini turchi residenti a Pisa sono scesi in piazza questo pomeriggio per protestare contro l’arresto di Ekrem Imamoglu, sindaco di Istanbul e principale oppositore del presidente Recep Tayyip Erdogan. (LA NAZIONE)

Tra i manifestanti di Antalya appare una figura insolita: quella del celebre Pokémon giallo. Ma il costume ingombrante non gli impedisce di correre a tutta velocità per sfuggire a una carica della polizia (Sky Tg24 )

Il giornalista svedese Joakim Medin è stato messo in custodia dopo essere atterrato in Turchia per seguire le proteste anti governative. “Prendiamo sempre sul serio la privazione della libertà dei giornalisti. (Il Sole 24 ORE)

Focus, in apertura, sulla situazione politica in Turchia, dopo l'arresto del sindaco di Istanbul Ekrem İmamoğlu, leader del primo partito di opposizione e principale avversario del presidente Recep Tayyip Erdoğan. (Rai Storia)

Il silenzio dei governi del mondo "è assordante" e i leader europei "non hanno offerto una risposta forte": è l'accusa di Ekrem İmamoğlu, in un lettera scritta dal carcere di Silivri e pubblicata venerdì dal New York Times. (Euronews Italiano)

Amnesty International si è unita ad altre 11 organizzazioni nel chiedere alle autorità turche di cessare immediatamente gli attacchi contro i manifestanti pacifici, di smettere di prendere di mira giornalisti e canali di informazione e di porre fine alla repressione della libertà di parola online. (Amnesty International)