Salvini, processo Open Arms: è il giorno della sentenza. Il vicepremier rischia sei anni di carcere
È il giorno della sentenza nel processo Open Arms che si celebra nell’aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo. Il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, rischia fino a 6 anni di reclusione. «Rifarei tutto, ho difeso i confini dai clandestini», ha continuato a ripetere il leader della Lega in tre anni di processo a Palermo. Ma i pubblici ministeri Marzia Sabella, Geri Ferrara e Giorgia Righi l’accusano di sequestro di persona e di rifiuto di atti d’ufficio: «Nell’agosto 2019 – hanno detto nella requisitoria – da ministro dell’Interno aveva l’obbligo di rilasciare senza indugio alla nave dell’Ong Open Arms il place of safety, il porto sicuro, per 147 migranti soccorsi nel Canale di Sicilia. (La Repubblica)
Ne parlano anche altri media
«Io credo che questa sentenza sia importantissima per Matteo Salvini, che ha sofferto e patito tanto, ma credo anche che sia una bella risposta per tutta l’Italia. Dimostra che nel nostro Paese ci sono tanti giudici di cui ci possiamo fidare, tanti giudici che applicano rigorosamente la legge». (La Stampa)
«In nome del popolo italiano — scandisce il presidente Roberto Murgia — il tribunale di Palermo assolve Salvini Matteo dai reati ascritti perché il fatto non sussiste». Qualche banco più indietro, piange anche un’altra … (La Repubblica)
I porti non si possono chiudere, come cercò di fare Matteo Salvini, perché la garanzia di un approdo sulla terra ferma è qualcosa che ha che fare con il diritto umanitario universalmente riconosciuto, con l’incolumità e la sicurezza di vite. (Avvenire)
Salvini ha vinto e con lui ha vinto anche la Lega che più di ogni altro partito ha fatto della politica della difesa dei confini uno dei suoi obbiettivi. Da oggi nessuno potrà più dire che è un crimine difendere il proprio paese dall’immigrazione clandestina. (Nicola Porro)
Non ci vorrà molto perché al coro tripudiante si aggiungano anche le voci d’oltre Atlantico. Elon Musk, che ormai guarda all’Italia come a una sorta di cortile di casa, non mancherà di pronunciarsi. Le prime voci a festeggiare sono state quelle di Giorgia Meloni e di Victor Orbán, arrivate alle agenzie quasi in contemporanea e la coincidenza è eloquente. (il manifesto)
Per paradosso, pesa quasi più della condanna a sei anni di carcere, chiesta dall’accusa nel processo di Palermo, l’assoluzione di Salvini dall’ipotesi di sequestro di persona per l’arcinota vicenda della nave ong Open Arms, a cui fu negato per giorni l’attracco in un «porto sicuro» malgrado le condizioni di salute e di bisogno in cui versavano i 147 migranti raccolti in mare, nel Canale di Sicilia. (La Stampa)