Processo Eni: condannati i pm per aver nascosto prove utili alla difesa

Non ha fine la vicenda del processo Eni, un grande caso giudiziario nato in procura a Milano, da cui hanno preso vita una serie di dossier collaterali, ancora oggi in piedi nonostane il filone principale sia finito con l’assoluzione. Il tribunale di Brescia ha condannato i pubblici ministeri di Milano, Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, titolari del caso, a 8 mesi di reclusione per rifiuto d’atti d’ufficio, per aver nascosto prove favorevoli alle difese dell’Eni. (Il Sole 24 ORE)

Ne parlano anche altri giornali

I pm di Milano, Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, sono stati condannati a otto mesi nel processo, svoltosi presso il Tribunale di Brescia, nel quale sono imputati di rifiuto di atti ufficiali. Secondo l'accusa, quegli stessi atti sarebbero stati favorevoli nel processo Eni Shell Nigeria, concluso a Milano con l'assoluzione di tutti gli imputati. (MilanoToday.it)

Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro sono stati condannati in primo grado a 8 mesi per "rifiuto d'atti d'ufficio". (Fanpage.it)

Il Tribunale di Brescia ha condannato i pubblici ministeri milanesi Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro a 8 mesi di carcere per il reato di 'rifiuto di atti d'ufficio' per non avere depositato elementi che (Secolo d'Italia)

Eni-Nigeria, i pm De Pasquale e Spadaro condannati a otto mesi per non aver depositato atti favorevoli alle difese

Il pm all'«americana», che con gli elementi a sua conoscenza fa quello che vuole nel proprio processo, in Italia non si può fare: il Tribunale d Brescia ha condannato a 8 mesi (con attenuanti generiche e sospensione della pena) il procuratore aggiunto uscente milanese Fabio De Pasquale e il pm Sergio Spadaro (ora in forza alla Procura europea antifrodi) per «rifiuto d’atti d’ufficio» nel non aver voluto depositare nel febbraio-marzo 2021, a ridosso della sentenza del processo milanese per corruzione internazionale Eni-Nigeria, talune chat dell’ex dirigente Eni Vincenzo Armanna che, trovate e segnalate ai colleghi dal pm Paolo Storari tramite la collega Laura Pedio e il procuratore Francesco Greco nel procedimento parallelo sul depistaggio, incrinavano l’attendibilità del coimputato/accusatore di Eni assai valorizzato dai due pm al pari del suo sodale Piero Amara. (Corriere Milano)

Concluso con un'assoluzione collettiva con formula piena «perché il fatto non sussiste» e la rinuncia di impugnazione da parte della Procura generale «poiché i motivi d'Appello sono incongrui, insufficienti e fuori dal binario di legalità». (ilgazzettino.it)

Lo ha deciso il tribunale bresciano, presieduto da Roberto Spanò,… (La Repubblica)