Nvidia nel mirino di Pechino
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Nvidia, il colosso statunitense dei processori grafici, è finito sotto la lente d'ingrandimento delle autorità cinesi per presunte violazioni della legge antimonopolio. La State Administration for Market Regulation della Cina ha avviato un'indagine per verificare se l'azienda abbia rispettato gli impegni presi durante l'acquisizione, avvenuta nel 2020, del progettista di chip israeliano Mellanox Technologies per 7 miliardi di dollari.
Quattro associazioni industriali cinesi, rappresentanti la maggior parte della domanda di semiconduttori del Paese, hanno rilasciato dichiarazioni coordinate esortando le aziende locali a riconsiderare gli acquisti di silicio americano, ritenuto non più sicuro o affidabile, a favore del 'buy China'. I controlli statunitensi sull'export hanno costretto Nvidia a vendere versioni meno potenti dei suoi prodotti, dando origine a un mercato nero per l'importazione illegale di processori in Cina.
La notizia dell'indagine ha avuto un impatto immediato sul mercato azionario: Nvidia ha chiuso in ribasso del 2,55% a Wall Street, con il prezzo delle azioni sceso a 138,81 dollari. Mentre le borse cinesi hanno registrato un forte rialzo, sostenute dalle promesse di Pechino di aiuti economici attraverso tagli ai tassi e un aumento dei consumi, Wall Street ha chiuso in lieve calo, influenzata negativamente dalla performance di Nvidia.
L'indagine antitrust cinese si inserisce in un contesto di tensioni crescenti tra Cina e Stati Uniti riguardo alle esportazioni di tecnologie chiave per la produzione di chip, settore in cui Nvidia è uno dei principali protagonisti.