L’asso nella manica per le imprese: un lavoro agile a misura di Gen Z
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«Rientra in ufficio oppure trovati un nuovo lavoro!». L’aut aut di Amazon che ha annunciato un giro di vite sullo smart working è rimbalzato ovunque scuotendo le certezze di chi aveva eletto la propria abitazione a luogo di lavoro ideale. Scagli la prima pietra chi non farebbe fatica oggi a tornare al periodo pre Covid, quando il lavoro da remoto era una concessione per pochissimi: 570mila lavoratori in tutta Italia, che quest’anno si sono assestati sui 3.550.000 e ne sono previsti 3.750.000 nel 2025, dopo la «forzatura» del 2020 con 6.590.000. (L'Eco di Bergamo)
Se ne è parlato anche su altri giornali
Questo perché, l’organizzazione del lavoro si è trasformata rapidamente, portando alla diffusione di modelli di lavoro a distanza, come il lavoro agile (smart work) e il lavoro da remoto (remote work). (NT+ Lavoro)
Il 68% degli italiani rimarrebbe nel proprio posto di lavoro se la propria azienda decidesse di eliminare o ridurre le ore di smart working ma inizierebbe a cercare una nuova occupazione, il 7% lascerebbe immediatamente l’azienda, anche senza un’alternativa, mentre solo per il 14% non sarebbe un problema. (Italia Oggi)
Cosa si intende con lavoro da remoto? Cosa indicano i dati? Quali sono i principali rischi e sfide? Cosa possono fare datori di lavoro, aziende e lavoratori? Ne parliamo con Maurizio Curtarelli, Prevention and Research Unit EU-OSHA. (PuntoSicuro)
Si parla di smart working, e dei suoi effetti su produttività, qualità della vita e dinamiche aziendali, nella puntata di stasera di "Tg2 Post", l'approfondimento quotidiano del Tg2 condotto da Manuela Moreno, in onda alle 21.00 su Rai 2. (Rai Storia)
Ed eccoci qui, a parlare di lavoro da remoto come una realtà che non sembra volerci più abbandonare. Anzi, per molti è diventata una sorta di conquista. Chi rinuncerebbe mai alla comodità di lavorare in tuta e pantofole? Oltre alla comodità, c’è anche una questione di mentalità che si è evoluta. (Management CuE)