L’asso nella manica per le imprese: un lavoro agile a misura di Gen Z
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«Rientra in ufficio oppure trovati un nuovo lavoro!». L’aut aut di Amazon che ha annunciato un giro di vite sullo smart working è rimbalzato ovunque scuotendo le certezze di chi aveva eletto la propria abitazione a luogo di lavoro ideale. Scagli la prima pietra chi non farebbe fatica oggi a tornare al periodo pre Covid, quando il lavoro da remoto era una concessione per pochissimi: 570mila lavoratori in tutta Italia, che quest’anno si sono assestati sui 3.550.000 e ne sono previsti 3.750.000 nel 2025, dopo la «forzatura» del 2020 con 6.590.000. (L'Eco di Bergamo)
Se ne è parlato anche su altri giornali
Bilbao, 8 Nov – Una delle principali innovazioni connesse alla diffusione delle tecnologie digitali, accentuata durante la pandemia da COVID-19, è la possibilità di lavorare a distanza. (PuntoSicuro)
Il 68% degli italiani rimarrebbe nel proprio posto di lavoro se la propria azienda decidesse di eliminare o ridurre le ore di smart working ma inizierebbe a cercare una nuova occupazione, il 7% lascerebbe immediatamente l’azienda, anche senza un’alternativa, mentre solo per il 14% non sarebbe un problema. (Italia Oggi)
Lo smartworking è ormai una realtà consolidata nel panorama lavorativo italiano: i numeri sono in crescita e non si torna indietro. Ed eccoci qui, a parlare di lavoro da remoto come una realtà che non sembra volerci più abbandonare. (Management CuE)
Questo perché, l’organizzazione del lavoro si è trasformata rapidamente, portando alla diffusione di modelli di lavoro a distanza, come il lavoro agile (smart work) e il lavoro da remoto (remote work). (NT+ Lavoro)
Ospiti: Agostino Di Maio, direttore Assolavoro; Fabio Fortuna, economista; Silvia Dello Russo, docente in Gestione risorse umane alla Luiss; Mariano Corso, responsabile Osservatorio smart working Politecnico Milano. (Rai Storia)