Strangio scomparso, suoi i resti umani in un’auto carbonizzata? Ipotesi sempre più concreta
Advertisement SAN LUCA (RC)- Si fa sempre più concreta l’ipotesi che i resti umani trovati sul fuoristrada distrutto da un incendio trovato lunedì scorso in una zona di campagna, tra San Luca e Bovalino, siano dell’allevatore Antonio Strangio di 42 anni. Per avere certezze sull’identità della vittima la Procura della Repubblica di Locri, che coordina al momento le indagini condotte dai carabinieri in attesa di un’eventuale trasmissione del fascicolo d’inchiesta alla Dda di Reggio Calabria, ha disposto l’effettuazione sui resti dell’esame del Dna, affidati ai carabinieri del Ris di Messina (Quotidiano online)
La notizia riportata su altri giornali
Serviranno, dopo le prime verifiche da parte dei carabinieri, gli accertamenti e le analisi dei carabinieri del Ris di Messina in relazione al Dna dei resti per sciogliere dubbi e avere risposte più chiare. (Gazzetta del Sud - Edizione Reggio Calabria)
“Le famiglie Strangio e Scalia ringraziano a tutta la popolazione ma dispensano dalle visite“. É il contenuto di un manifesto fatto affiggere a San Luca dai familiari di Antonio Strangio, il quarantaduenne scomparso da alcuni giorni e che si ipotizza possa essere stato ucciso. (StrettoWeb)
Si fa sempre più concreta l’ipotesi che i resti umani trovati sul fuoristrada distrutto da un incendio trovato lunedì scorso in una zona di campagna, tra San Luca e Bovalino, siano dell’allevatore Antonio Strangio di 42 anni. (StrettoWeb)
(Adnkronos) – Si fa strada l’ipotesi secondo cui i resti rinvenuti all’interno dell’auto carbonizzata di proprietà di Antonio Strangio, allevatore 42enne di San Luca (Reggio Calabria), di cui non si hanno notizie da almeno 5 giorni, possano essere di natura umana e non animale, come ipotizzato in un primo momento. (CremonaOggi)
Il 42enne Antonio Strangio, appartenente a una delle famiglie più note della ‘ndrangheta, è scomparso da una settimana da San Luca, il paesino sull’Aspromonte roccaforte della criminalità organizzata calabrese. (Il Fatto Quotidiano)
Fa fede il soprannome, o meglio quella che in Calabria si chiama “la ‘ngiuria”. Non è aristocrazia dei clan. (la Repubblica)