Confermato lo sciopero dei trasporti: cosa aspettarsi dal venerdì nero
Stop a bus, tram e metro: lo sciopero nazionale del trasporto pubblico locale in tutte le città italiane di venerdì 8 novembre è confermato. Lo stop di 24 ore senza fasce di garanzia - proclamato dai sindacati Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Faisa Cisal e Ugl Fna - farà da 'sfondo' alla manifestazione organizzata a Roma, davanti alla sede del ministero dei Trasporti, a cui i sindacati torneranno a chiedere il rinnovo del contratto nazionale e più risorse per il comparto. (Today.it)
La notizia riportata su altre testate
I sindacati protestano per «la carenza di risorse, per la mancanza di politiche di programmazione, per la riforma del settore e per la salute e sicurezza sul lavoro». (Il Sole 24 ORE)
Venerdì 8 novembre 2024 si preannuncia una giornata complicata per chi utilizza i mezzi pubblici. Il Garante degli scioperi ha comunque sottolineato che in determinati orari, stabiliti a livello locale, devono essere assicurati i "servizi di trasporto urbano e extraurbano mediante l'utilizzazione del 30% del personale viaggiante". (La Gazzetta dello Sport)
Sono assicurati - spiegano i sindacati - i servizi assolutamente indispensabili per la generalità degli utenti come collegamenti con porti e aeroporti nonché quelli specializzati di particolare rilevanza sociale quali trasporto dei disabili e scuola bus per materne e elementari. (Tiscali Notizie)
È cominciato così lo sciopero nazionale di 24 ore del trasporto pubblico locale. Una protesta che per i sindacati non prevede fasce orarie di garanzia ma che alcune aziende dei trasporti metropolitani, come a Milano Atm, hanno cercato di gestire al meglio per offrire ai passeggeri un servizio minimo. (MilanoToday.it)
I sindacati hanno convocato il primo sciopero dal 2005 senza fasce di garanzia, ma in diverse città i trasporti prevedono comunque alcuni servizi garantiti (Open)
A proclamare la protesta sono Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti, Faisa Cisal e Ugl Fna «per il rinnovo del contratto nazionale - scaduto il 31 dicembre del 2023 -, per la carenza di risorse, per la mancanza di politiche di programmazione, per la riforma del settore e per la salute e sicurezza sul lavoro». (La Stampa)