LA POLEMICA – Emanuele Calò: La pace sì ma dopo un trattato
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Ho letto con grande interesse l’ottimo articolo di Adachiara Zevi, su Moked del 21 ottobre u.s. Non posso che condividere il suo auspicio di una guerra meno cruenta. L’autrice, giustamente, scrive che Israele «non può perdere la guerra contro il terrorismo pena la sua sopravvivenza». Quel che non mi pare di aver appreso è come rendere compatibile la vittoria contro il terrorismo con l’obiettivo di ottenere un minor numero di vittime civili anche se, sui numeri, non è un dettaglio che i dati siano prodotti da Hamas (Moked)
Se ne è parlato anche su altri giornali
Perché l’Asse della resistenza guidato dall’Iran non è sconfitto perché nonostante i successi sul campo Tel Aviv ha ancora conti da regolare. Di svolta nella guerra si è parlato più volte dopo il 7 ottobre e dopo l’inizio di un conflitto sempre più ampio e sempre più imprevedibile. (ilmessaggero.it)
Ex ricercatore alla Lauder School of Government, Diplomacy and Strategy di Herzliya, dopo il 7 ottobre Ori Goldberg ha lasciato l’accademia e oggi è analista indipendente sui rapporti fra Israele, dove vive, e Iran. (Il Fatto Quotidiano)
Se così non fosse, … La misura è colma. (Il Fatto Quotidiano)
Dopo l’eliminazione di Rabin (1995) divenne inspiegabilmente primo ministro Benjamin Netanyahu. Tra le prime azioni politiche del suo mandato ci fu quella, provocatoria, di autorizzare la costruzione di una enorme Moschea a Nazareth, proprio accanto alla Chiesa dell’Annunciazione. (articolo21)
Israele sembra ormai intrappolato in una realtà di guerra perpetua, un elemento che, piuttosto che essere un’emergenza temporanea, è divenuto parte integrante della sua identità nazionale. La guerra perpetua di Israele (Start Magazine)
Gli adoratori dell'apocalisse. La sveglia suona ma l'Italia dorme. (Limes)