Favilli: «Patto asilo, la proposta Ue è contraddittoria»

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ESTERI

«La proposta della Commissione solleva molti punti interrogativi, sia per come è stata elaborata sia per come è scritta. Sembra quasi non venga dagli uffici legislativi Ue, di solito molto rigorosi». Chiara Favilli, docente di diritto europeo all’università di Firenze, non nasconde le sue perplessità riguardo all’accelerazione voluta da Bruxelles sull’attuazione di alcune norme del Patto su immigrazione e asilo. L’istituzione guidata da Ursula von der Leyen ha infatti chiesto di anticipare di un anno l’introduzione di disposizioni che permetterebbero ai governi nazionali di esaminare in tempi più rapidi – entro tre mesi – le domande di protezione internazionale presentate da cittadini provenienti da paesi considerati "sicuri".

La lista, che include Bangladesh, Colombia, Egitto, India, Kosovo, Marocco e Tunisia, è al centro di un dibattito giuridico e politico. Favilli sottolinea come la scelta di accelerare queste procedure, anziché attendere l’entrata in vigore completa del Patto nel giugno 2026, rischi di creare discrepanze nell’applicazione delle norme. «Si tratta di un approccio frammentario», osserva, «che potrebbe generare squilibri nella gestione delle richieste d’asilo».

Intanto, il caso di due cittadini bangladesi portati nel centro di permanenza di Gjadër, in Albania, riporta l’attenzione sulle conseguenze pratiche di queste misure. I due, il cui paese d’origine è stato incluso dall’Italia nella lista degli Stati "sicuri", hanno visto la loro domanda respinta come «manifestamente infondata» dopo una procedura accelerata alla frontiera. Una decisione che si inserisce nel solco delle Conclusioni dell’avvocato generale Jean Richard de la Tour, il quale ha ribadito che gli Stati membri possono designare i "paesi di origine sicuri" attraverso atti legislativi, purché rendano pubbliche le fonti su cui basano tale valutazione.