Il riscaldamento causato da Big Oil rischia di causare 360mila morti entro fine secolo: il rapporto choc di Greenpeace

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Il Fatto Quotidiano INTERNO

Trecentosessantamila persone rischiano di morire prematuramente entro la fine del secolo a causa del riscaldamento globale causato dalle emissioni di gas serra di nove grandi compagnie europee dell’oil&gas: Shell, TotalEnergies, BP, Equinor, Eni, Repsol, OMV, Orlen e Wintershall Dea, tutte società che operano a livello internazionale e che nella maggior parte dei casi coprono l’intera filiera, dalla produzione di petrolio e gas alle reti di stazioni di servizio. (Il Fatto Quotidiano)

Se ne è parlato anche su altri giornali

Stop a petrolio e gas. A chiederlo Greenpeace che oggi – con un blitz ancora in corso alla sede dell’Eni a Roma – denuncia “le conseguenze in termini di perdite di vite umane derivanti dall’uso di combustibili fossili da parte di nove grandi compagnie” del petrolio e del gas europee. (LAPRESSE)

Un blitz «scenografico» quello di Greenpeace martedì mattina nel quartiere generale Eni a Roma. Sei attivisti hanno scalato il palazzo, mentre immagini venivano proiettate sulla facciata. (Corriere TV)

L'intento è di sensibilizzare l'opinione pubblica sulle morti potenzialmente legate al cambiamento climatico (LAPRESSE)

A cura di Natascia Grbic Attivisti di Greenpeace scalano il palazzo di Eni: “La vostra eredità, i morti per il clima” Gli attivisti di Greenpeace hanno aperto uno striscione sulla facciata di Eni con scritto “Today’s emissions = tomorrow’s deaths”. (Fanpage.it)

L’Associazione ambientalista ha anche diffuso le immagini del blitz, con alcuni militanti impegnati nella scalata della sede alle prime luci dell’alba. In contemporanea, altri attivisti hanno portato nei pressi del palazzo un’installazione di 8 metri di lunghezza. (Vaielettrico.it)

«Siamo qui per denunciare le conseguenze in termini di perdite di vite umane derivanti dall’uso di combustibili fossili da parte di nove grandi compagnie dell’oil&gas europee, tra cui la stessa Eni», si legge nella nota della Ong. (Open)