Medioriente, chi è Yahya Sinwar: capo di Hamas e mente degli attacchi del 7 ottobre

Per saperne di più:
Ucraina Guerra tra Gaza e Israele

Nato nel 1962 in un campo profughi a Khan Younis è stato scelto come numero uno del gruppo dopo l'uccisione del capo politico Haniyeh È considerato la mente del massacro del 7 ottobre 2023 nel sud di Israele. Yahya Sinwar ai tempi era leader di Hamas nella Striscia di Gaza, poi è stato scelto come numero uno del gruppo dopo l’uccisione del capo politico Ismail Haniyeh, nel raid del 31 luglio scorso a Teheran per il quale è stato accusato Israele. (LAPRESSE)

Ne parlano anche altri giornali

"Voi europei non capite l'Islam, quindi non potete comprendere un uomo come Yahya Sinwar", spiegò un analista israeliano preferendo restare anonimo, "ma questa volta neppure a noi è stato chiaro che cosa avesse in testa veramente". (Tiscali Notizie)

Se il 7 ottobre 2023 fu l'equivalente per Israele di quello che era stato l'11 settembre 2001 per gli americani, allora l'uccisione di Sinwar, il capo militare di Hamas, è l'equivalente di quella che fu l'eliminazione di Osama bin Laden, il grande capo di al-Qaeda, colui che aveva ordito appunto gli attacchi dell'11 settembre 2001. (Corriere TV)

In ogni guerra la morte del capo nemico è un passo decisivo verso la pace. L’eliminazione di Yahya Sinwar, soprannominato dagli stessi palestinesi “il macellaio di Khan Younis”, dovrebbe esserlo ancora di più. (Il Sole 24 ORE)

Ma per Israele la guerra non finisce qui

Successivamente, un alto funzionario israeliano ha detto ai media che l’attuale valutazione è che vi sia “un’alta probabilità” che il palestinese ucciso sia Yahya Sinwar”. (Contropiano)

Anche per riuscire a pubblicare «La spina e il garofano» Yahya Sinwar aveva imposto il sistema a cellule ristrette, dove in pochi sapevano quale fosse il disegno generale del capo fondamentalista. Le 315 pagine del romanzo che aveva scritto nella cella israeliana erano state portate fuori a piccoli pacchi nascosti dagli altri detenuti. (Corriere della Sera)

Da un anno e dieci giorni Israele aspettava una foto: l’immagine della vittoria, quella che avrebbe permesso allo Stato ebraico di dire che l’orrore del 7 ottobre era stato punito, che rispondesse al desiderio di rivalsa – o di vendetta – in cui buona parte del Paese vive da allora: ora quella foto sembra essere arrivata. (la Repubblica)