Riapertura del Cpr di Corso Brunelleschi, in centinaia al corteo: 'Contro il razzismo di Stato'
'I CPR bruciano ancora contro il razzismo di Stato e i suoi complici". Questo lo striscione alla testa della manifestazione del centro sociale Gabrio a cui hanno aderito molte associazioni... Leggi tutta la notizia (Virgilio)
Ne parlano anche altri giornali
"I Cpr bruciano ancora. Questo il messaggio sullo striscione in testa al corteo partito oggi pomeriggio, venerdì 1° novembre, in piazza Robilant, nel quartiere San Paolo, contro la riapertura del Cpr di corso Brunelleschi (Torino Cronaca)
Ma il bando lanciato quest’estate dalla prefettura, per cercare un nuovo gestore della struttura, lascia intendere le intenzioni: il Centro di permanenza per il rimpatrio dovrebbe riaprire le sue porte nel giro di qualche settimana. (La Stampa)
Alcune centinaia di persone si sono ritrovate oggi pomeriggio a Torino, in piazza Robilant, nel quartiere Borgo San Paolo, per protestare contro la possibile riapertura del centro di permanenza per il rimpatrio, di corso Brunelleschi (La Repubblica)
Era già successo ad Aurora e Porta Palazzo la sera della guerriglia urbana del 4 marzo 2023, e prima ancora a novembre 2022 al corteo per le strade di Cit Turin. Questa volta, a pagare dazio agli anarchici è stata zona San Paolo tra scritte, devastazioni, atti vandalici e traffico in tilt. (Torino Cronaca)
Torino, una città nuovamente teatro di tensioni accese. Secondo la questura, 700 i manifestanti che si sono riversati ieri nelle strade del quartiere San Paolo per opporsi alla riapertura del Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di corso Brunelleschi, chiuso da tre anni in seguito alla tragedia di un recluso suicida. (Secolo d'Italia)
In diretta da Torino, il corteo si oppone alla riapertura del Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Corso Brunelleschi, chiuso nel 2023 a causa di inadeguatezza e problemi di gestione. Questa prospettiva è contestata con fermezza da enti locali e associazioni, che richiedono investimenti in soluzioni più dignitose per i migranti. (La Stampa)