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Cassazione penale Sezioni Unite: è reato il saluto romano in riunioni pubbliche se c’è pericolo di “emulazione”

La finalità commemorativa non esclude il delitto: contano contesto ambientale e valenza simbolica nel rischio di ricostituzione del partito fascista. Oltre la legge Scelba la condotta può violare la Mancino. Con la sentenza si chiude un contrasto di giurisprudenza
lecce , (informazione.it - comunicati stampa - politica e istituzioni)

Il saluto romano nelle manifestazioni pubbliche è reato quando c’è pericolo di “emulazione”. La risposta a braccio teso alla “chiamata del presente” integra il delitto previsto dall’articolo 5 della legge 20.06.1952, n. 645, la legge Scelba, quando in base alle circostanze del caso la condotta è in grado di attingere il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista, vietata dalla Costituzione. La sussistenza del reato non è di per sé esclusa dal fatto che la riunione abbia una natura commemorativa.

Per accertare la responsabilità penale il giudice deve considerare il contesto ambientale e la valenza simbolica in cui si consuma l’azione; condotta che può integrare anche il reato di pericolo presunto previsto dall’articolo 2, comma primo, del decreto legge 26.04.1993, n. 122, convertito dalla legge 25.06.1993, n. 205, la legge Mancino: a patto che sia una manifestazione propria delle organizzazioni che istigano a commettere violenza «per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi».

Lo stabiliscono le Sezioni unite penali della Cassazione con la sentenza 16153/24 pubblicata il 17 aprile 2024 che chiude un contrasto di giurisprudenza. Non c’è dubbio che sia fisiologico ricondurre la “chiamata del presente” e il saluto romano all’interno della fattispecie di reato dell’articolo 5 della legge Scelba: risulta «inequivocabile il significato di evocazione e celebrazione» dell’ideologia fascista e del regime instaurato con la marcia su Roma, il tutto considerando proprio quanto era previsto dagli articoli 3 e 9 del regolamento del disciolto Pnf.

Ad avviso del Collegio, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno ricordato che “Se la condotta evoca la liturgia delle adunanze fasciste è il delitto ex articolo 5 della legge 645/52 a essere integrato per la naturale identificazione fra saluto romano da una parte e disciolto Pnf dall’altro.

Il giudice, dunque, deve accertare che ricorrono gli elementi di fatto ai fini del delitto e compiere una valutazione complessiva: pesano il contesto in cui si compie la condotta, l’eventuale valenza simbolica del luogo, il numero dei partecipanti e la ripetizione insistita dei gesti. E anche la misura in cui il contesto si possa ricollegare in modo immediato o meno al ventennio e alla retorica del regime. Il fatto che il gesto si consumi nella commemorazione di camerati deceduti, poi, non esclude il reato che è caratterizzato da dolo generico: i motivi della condotta sono irrilevanti.

Il saluto romano, tuttavia, può integrare anche il reato ex articolo 2 della legge Mancino quando il ricorso al rituale nel contesto in cui ha luogo la manifestazione assume il significato discriminatorio perseguito dalla legge perché costituisce lo «strumento simbolico» per esprimere idee di intolleranza razziale, etnica, nazionale o religiosa «chiaramente incompatibili con i principi costituzionali. La Suprema corte cassa con rinvio ma nel frattempo risulta maturata la prescrizione il 27 febbraio perché la commemorazione incriminata è avvenuta a Milano il 29 aprile 2016.

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