Comunicati Stampa
Editoria e Media

Tiziano Terzani ed i suoi Libri nella Nuova Collana del Corriere della Sera. Di Federico Bellini

Il barone Roman Nicolaus von Ungern-Sternberg, noto anche come il Barone Nero o Ungern Khan (1886 - 1921), è stato un militare russo di origine tedesca. Fu dapprima luogotenente e generale russo, uno dei capi delle truppe bianche durante la guerra civile russa, mentre successivamente tentò di creare una monarchia lamaista indipendente in Mongolia e nei territori ad est del lago Baikal...
Vecchiano, (informazione.it - comunicati stampa - editoria e media) Breve Storia di un Barone Pazzo
Nato a Graz, in Austria, da una famiglia di tedeschi baltici, cresciuto a Tallinn, capitale dell'Estonia allora parte dell'impero zarista, dopo aver frequentato la scuola militare di Pavlovsk a San Pietroburgo e laureatosi nel 1908, fu di stanza in Siberia, dove rimase affascinato dallo stile di vita nomade delle tribù dei mongoli e dei buriati. Durante la Prima Guerra Mondiale combatté nella Galizia polacca, dove guadagnò la fama di ufficiale coraggioso ma, al tempo stesso, venne considerato mentalmente instabile. Dopo la Rivoluzione d'Ottobre, ad opera dei bolscevichi, insieme ad altri ufficiali decise di resistere all'avanzata delle truppe rosse. Egli, nei mesi successivi, si distinse per le crudeltà perpetrate contro la popolazione locale e i suoi sottufficiali, guadagnandosi l'epiteto di "Barone Sanguinario", e a causa del suo comportamento eccentrico, divenne noto anche come il "Barone Pazzo". L'esercito di Ungern von Sternberg comprendeva truppe russe, cosacchi e membri delle tribù buriate che attaccavano senza distinguo i treni carichi di rifornimenti, sia per le forze bianche che per quelle rosse, in appoggio anche con la rivolta jakuta. Nel 1920 si separò dai suoi iniziali collaboratori e divenne a sua volta un signore della guerra. Convinto che la monarchia fosse il solo sistema politico in grado di salvare il mondo occidentale dalla sua corruzione, cominciò a pensare di poter restaurare la dinastia Qing sul trono cinese e porre tutto l'Estremo oriente sotto il controllo di quest'ultima. Nel 1919, la Mongolia venne occupata dalle forze repubblicane cinesi e nel 1921, divenuto buddista, decise di creare una teocrazia lamaista in Asia. Le sue truppe, composte da volontari siberiani, mongoli e tibetani, entrarono in Mongolia su richiesta dell'VIII Bogdo Khan, leader religioso e politico del paese. Dopo diverse azioni di guerra, il 13 marzo 1921 la Mongolia venne proclamata una monarchia indipendente e Ungern von Sternberg divenne un dittatore militare e religioso. Tendente al misticismo ed affascinato dalla credenze e religioni dell'Estremo Oriente, nella sua filosofia, mischiò eccezionalmente il nazionalismo russo con le credenze mongole e cinesi, ritenendo addirittura di essere la reincarnazione di Genghis Khan.Cultore di antiche pratiche sciamaniche ed esoteriche, consultava periodicamente indovini e maghi per conoscere il suo destino, e in una di queste consultazione gli fu annunciata la sua sconfitta. Un contingente bolscevico inviato in soccorso del leader filo-sovietico Sukhe-Bator, decretò la sconfitta delle forze del Barone in Mongolia nel successivo mese di maggio, mentre egli tentò di invadere il territorio russo presso Troitskosavsk (oggi Kyakhta, nella Repubblica dei Buriati); dopo alcuni primi successi riportati tra maggio e giugno, venne definitivamente sconfitto tra luglio e agosto ed arrestato. Il 15 settembre fu processato a Novonikolaevsk, oggi Novosibirsk, dal tribunale straordinario della Siberia. Riconosciuto colpevole di aver voluto creare uno StatoAsiatico vassallo dell'Impero nipponico e di aver preparato il rovesciamento del potere sovietico per restaurare la monarchia dei Romanov, fu condannato a morte per fucilazione. Secondo la leggenda, ingoiò la sua medaglia raffigurante la Croce di San Giorgio per impedire che cadesse nelle mani dei bolscevichi, mentre il suo anello con sopra raffigurante la svastica, sarebbe entrato in possesso del generale Bljucher e, si dice, che dopo la morte a seguito delle torture di quest'ultimo avvenuta nel 1938 durante l'epoca delle Grandi purghe, sia passato nelle mani del Maresciallo Zhukov.

Breve Storia di un Mistico Artista
Archeologo, antropologo, pittore, disegnatore, costumista, scrittore, viaggiatore, diplomatico, conferenziere ed esperto di occultismo, Nicholas Konstantinovic Roerichnacque a San Pietroburgo nel 1874 e giovanissimo iniziò lo studio della pittura, insieme a Legge, per volontà del padre che era avvocato. Nel 1898 ottenne una cattedra nell’Istituto Imperiale Archeologico, tre anni dopo si sposò con Elena Ivanovna Shaposnikov, nipote del celebre musicista Mussorgskij, che gli diede due figli. Ai primi del Novecento, Roerich era già una figura di spicco nel mondo culturale della capitale russa, interessandosi a svariate discipline tra le quali l’archeologia, la pittura, la scenografia (fra le altre cose, disegnò le scene e i costumi per l’impresario teatrale Serghej Dagilev e per il balletto di Igor Stravinsky 'La sagra della Primavera'). Dopo la Rivoluzione di Ottobre, dapprima trasferì la sua famiglia in Finlandia, poi, nel 1920, decise di accettare l’invito del direttore dell’Istituto d’Arte di Chicago ed emigrò negli Stati Uniti, che divennero la sua seconda patria. Nel 1923 alcuni suoi ammiratori fondarono il Roerich Museum che si arricchì di un gran numero di opere dell’artista, mentre egli partiva, insieme alla moglie, per un lungo viaggio nelle regioni più interne e meno conosciute dell’Asia Centrale, visitando l’India, il Sikkim, il Tibet, la Cina e la Mongolia. Nel corso di quel viaggio si imbatté anche in alcune testimonianze relative alla presenza di Gesù Cristo nella regione dell’Himalaia e, addirittura, nel suo presunto sepolcro nella città di Srinagar, nel Kashmir, tuttora venerato come quello di un grande santo venuto a predicare dal lontano Occidente. Tornato in America, nel 1928 Roerich fondò un Centro di ricerca per gli studi himalaiani, le cui finalità erano l’approfondimento dell’etnografia e dell’antropologia di quella regione dell’Asia, sulla base del ricco materiale raccolto sul campo. Nel corso del viaggio in Asia Centrale egli non aveva, peraltro, interrotto la sua attività artistica; si calcola che in quegli anni abbia dipinto non meno di 500 tele, su un totale di circa 7.000 opere realizzate nel corso della sua intera vita. A queste bisogna aggiungere qualcosa come 1.200 testi letterari di vario genere: per cui il corpus della produzione complessiva di questo genio eclettico, sia nell’ambito artistico che in quello scientifico, è veramente enorme e tale da lasciare sbalorditi. Nicholas Roerich si è spento nel dicembre del 1947 e le sue ceneri sono state sepolte ai piedi dell’Himalaia, in vista delle grandiose montagne che aveva tanto amato, e che aveva ritratto in decine e decine di quadri pervasi da una misteriosa atmosfera di spiritualità e animati da un vivo e suggestivo senso del colore. Tutto quello che si può dire con certezza è che il suo maestro di pittura, Kundizi, era anche un iniziato al sapere esoterico e dovette istruire il suo allievo, oltre che nel campo dell’arte, anche in quello delle dottrine occulte. Non è un caso, che in diversi luoghi dell’Asia Centrale, Roerich venne accolto dai monaci buddhisti non come un semplice viaggiatore, bensì come un maestro di saggezza degno della massima considerazione. Ma la storia o leggenda che lo ha reso celebre, è quella che parla del mondo sotterraneo di Shambala o Agarthi, infatti scrive in “Shambala, la risplendente” (titolo originale: “Shambala: in Search of the New Era, 1930”): “In ogni città, in ogni accampamenti dell’Asia ho cercato di scoprire quali ricordi la memoria popolare custodiva con più ardore. Attraverso questi racconti conservati e preservati, si può riconoscere la realtà del passato (…). Tra le innumerevoli leggende e fiabe di vari paesi si possono trovare storie che raccontano di tribù perdute e di popoli che vivono all’interno della Terra. Da tutte le parti, e in luoghi diversi e molto lontano gli uni dagli altri, la gente parla di fatti identici. Ma correlandoli fra loro ci si accorge immediatamente che non sono altro che capitoli di un’unica storia. All’inizio sembra impossibile che possa esistere un legame scientifico fra questi mormorii distorti, raccontati alla luce dei fuochi di bivacchi del deserto. Ma in seguito, si comincia a cogliere la bizzarra coincidenza di queste molte leggende, raccontate da popoli che non si conoscono neppure di nome (…). In Kashmir si racconta della tribù perduta di Israele, certi eruditi rabbini potrebbero spiegarvi che Israele è il nome di coloro che cercano, e che non sta ad indicare una nazione, ma il carattere di un popolo. In rapporto con queste credenze, vi mostreranno, a Srinagar la tomba del grande Issa, Gesù. Potrete sentire la storia dettagliata di come il salvatore fu crocifisso, ma non morì, e di come i suoi discepoli portarono via il corpo dal sepolcro e scomparvero. Si dice che in seguito Issa si sia ripreso, e abbia passato il resto della vita in Kashmir a predicare il Vangelo. Si dice che, da questa tomba sotterranea, emergano vari profumi. A Kashgar, dove la santa madre di Issa si rifugiò dopo la crudele persecuzione subita da suo figlio, vi mostreranno la tomba della Vergine Maria. Ovunque trovate storie diverse di viaggi e spostamenti molto significativi; e a mano a mano che avanzate con la vostra carovana, questo vi procura il massimo piacere e una grande cultura (…). Ogni imboccatura di grotta suggerisce che qualcuno vi sia già penetrato. Ogni corso d’acqua, soprattutto quelli sotterranei, volge l’immaginazione verso i passaggi sotterranei. In diversi punti dell’Asia Centrale si parla degli Agharti, il popolo dell’interno della Terra. Molte leggende delineano essenzialmente la stessa storia, che racconta come i migliori abbandonarono la terra traditrice, cercando salvezza in contrade nascoste in cui acquisire nuove forze e conquistare potenti energie. Sui monti Altai, nella bella valle di Uimon, sulle alte terre, un venerabile vecchio credente (Starover) mi disse: «Vi proverrò che la storia dei Chiud, il popolo che vive all’interno della Terra, non è solo frutti dell’immaginazione! Vi condurrò all’ingresso di questo regno sotterraneo.»” Molti pensano che Nicholas Roerich si sia spinto nei luoghi più inaccessibili dell’Asia inseguendo proprio il sogno di poter individuare almeno l’accesso alla mitica Shambala, se non, addirittura, di potervi penetrare e di accedere ai suoi antichissimi tesori di sapienza. Certo, è possibile. Tutta la sua vita sta a testimoniare che egli non era affatto un ingenuo sognatore e che aveva ben compreso il nucleo più riposto della saggezza orientale, che non incoraggia certo ad inseguire la conquista della verità con mezzi puramente fisici (ivi compresa la stessa magia, che è pur sempre una forma di manipolazione di forze naturali), ma a spostarsi sempre verso piani di consapevolezza più elevati, più puri e spirituali.

Breve Storia di un Avventuriero
L'avventura di Ferdinand Antoni Ossendowski (1871 - 1945) inizia a Krasnoiarsk, in Siberia, nel gennaio 1920 e, dopo una fuga di migliaia e migliaia di chilometri, si conclude a Pechino nel giugno del 1921. Ritornato nel suo paese d'origine, la Polonia, Ossendowski prese ad insegnare alla Scuola Commerciale di Varsavia e iniziò a riordinare i suoi ricordi: durante l'anno e mezzo di pericolose peregrinazioni in Siberia, Mongolia, Tibet, Manciuria e Transbaikalia, come ricorda, aveva con sé un album su cui prendeva appunti e tracciava schizzi. Gli fu evidentemente utile per ricostruire con precisione e ricchezza di particolari le sue straordinarie vicissitudini che redasse tra la fine del 1921 e l'inizio del 1922, allorché faceva parte della delegazione polacca alla Conferenza sul disarmo a Washington: in quella sede evidentemente conobbe Lewis Stanton Palen, che lo sollecitò in tal senso, infatti come ricorda quest'ultimo nell'introduzione alla successiva edizione inglese dell'opera, il diretto interessato era restio per motivi personali e contingenti a mettere sulla carta i propri ricordi. Il libro uscì in edizione polacca nel 1922 con il titolo "Przez kraj ludzi, zwierzat i bogów", vale a dire, "Attraverso il paese delle bestie, degli uomini e degli dèi", e non si sa se scritto contemporaneamente in inglese con la collaborazione del citato Palen, oppure tradotto subito dopo, venne pubblicato con enorme successo all'inizio del 1923 dall'editore londinese Edward Arnold, intitolato più concisamente "Beasts, Men and Gods". Ossendowski scrisse in seguito molti altri resoconti di viaggi, in cui descrisse le sue esperienze in Estremo Oriente e in Africa Settentrionale, precedenti e seguenti la sua avventura del 1920-21, alcuni romanzi e una monumentale biografia di Lenin, ma la fama e la curiosità internazionali, insieme a non poche amarezze, gli giunsero però indubbiamente da quel primo libro a causa delle polemiche sollevate un po' dappertutto circa la veridicità di alcuni punti: le notizie sulla parte del suo viaggio attraverso il Tibet (le contestazioni maggiori vennero dal grande esploratore svedese Sven Hedin), il ritratto che fece del barone Ungem e l'esposizione dei suoi progetti politici (da parte soprattutto dei familiari del generale, anche se recenti documenti pubblicati in Russia accreditano la ricostruzione di Ossendowski) e infine circa quanto egli racconta nelle due ultime parti dell'opera (l'esistenza, leggendaria, ma forse anche reale, del Re del Mondo). Come che sia, "Bestie, Uomini, Dei” attirò proprio per questo l'attenzione di René Guénon, esoterista a quel tempo già noto ed autorevole, che ne parlò in un saggio in cui si avallano nella sostanza le notizie dell'autore polacco. Il tema non poteva non attirare l'interesse anche di Julius Evola, il tema del "regno sotterraneo", cioè invisibile, in cui si ritirano gli ultimi iniziati all'avanzare dell'empietà sulla Terra, è presente sia in "Rivolta contro il mondo moderno" (1934), sia ne "Il mistero del Graal" (1937). Libro importante e sfaccettato, "Bestie,Uomini, Dei" si può leggere come un avvincente volume di viaggi e avventure attraverso migliaia di chilometri di pianure gelate, montagne ventose e innevate, laghi ghiacciati che sprofondano sotto il peso dei cavalli o che bruciano all'improvviso per la presenza di gas e petrolio, fiumi sotto la cui crosta trasparente si può osservare il fondo a dieci metri o vedere le onde provocate da vulcani sotterranei, valli mortali pervase di biossido di carbonio. Ossendowki possiede lo sguardo "scientifico" di chi è abituato a guardare oggettivamente: da qui le affascinanti descrizioni di vegetazione e animali, il pauroso incontro con l'orso dei boschi, la caccia per sopravvivere, l'assurda corsa delle gazzelle che si divertono a tagliare la strada ai viaggiatori, le curiose attività delle marmotte, la cattura dei cavalli selvatici, colori di alberi e piante, o quelle dei suoi amici o nemici incontrati nel lungo viaggio, come ad esempio il gigantesco agronomo (alto due metri e più), ferocemente antibolscevico e capace di uccidere a mani nude ("Quando crebbi diventai un esperto agronomo per... strangolare la gente e sfondarne il cranio. La rivoluzione è una cosa veramente stupida"). Presenza pervadente e onnipresente nel libro è la Natura, selvaggia quanto matrigna, e i popoli che vivono a contatto con la sua durezza: verso di essi, minutamente descritti nel carattere e nei costumi, Ossendowski tributa l'ammirazione dell'occidentale civilizzato che, per portare a casa sana la pelle, deve diventare quasi come loro e adattarsi alle loro abitudini. Ma "Bestie, Uomini, Dei" è anche un'opera politica e non solo di giornalistica testimonianza. E' una delle prime, infatti, a dare un agghiacciante resoconto della vocazione allo sterminio e al genocidio del comunismo fin dal suo primo sorgere e rivelarsi, e delle ultime lotte antibolsceviche condotte nel 1920-21 agli estremi confini dell'immenso Impero russo dalle Armate Bianche, poi abbandonate a loro destino - con un atteggiamento spesso adottato anche in seguito in casi consimili - specie dalle democrazie occidentali. Non solo, quindi, la descrizione delle battaglie, degli eccidi, delle fucilazioni fra mongoli, russi e cinesi, ma anche una documentazione diretta e di prima mano del "modus operandi" del comunismo leninista delle origini, dove il bolscevismo è visto come una "infezione" che dilaga per ogni dove, conquistando e pervertendo le coscienze, creando spie e traditori, delatori ed efferati assassini. Il passaggio delle truppe rosse è contrassegnato da cumuli di cadaveri e di poveri contadini e di militari considerati "controrivoluzionari" che Ossendowski trova sgozzati e fatti a pezzi nei paesi, nelle foreste e nelle pianure: terribile resta l'immagine delle rive dello Ienissei con gli alberi ricoperti, come macabri festoni, dai cadaveri smembrati e dalle viscere delle centinaia di soldati bianchi massacrati e gettati nelle acque, o la descrizione delle rovine di chiesette siberiane e campanili in fiamme, "pietoso e tipico simbolo della Russia odierna", nota l'autore che viaggia con in tasca una capsula di cianuro caso mai fosse stato fatto prigioniero dai comunisti. I bolscevichi sono, secondo un semplice soldato bianco, "Servi di Satana", mentre per il ben più autorevole Buddha Vivente mongolo, i "Servi del Male Rosso". Riassume questi stati d'animo il barone Ungern, quando dice ad Ossendowski: "La rivoluzione è una malattia infettiva e l'Europa, stipulando un trattato con Mosca, ha ingannato se stessa e anche le altre parti del mondo", e poi, "Stiamo combattendo non un partito politico ma una vera setta di assassini della civiltà e della spiritualità contemporanee".

Breve Storia di un Grande Giornalista
Ma cosa unisce un Barone Pazzo, un Artista Mistico e un Avventuriero con Tiziano Terzani? Ebbene, prima di scoprirlo, sarà necessario ricordare brevemente chi era il nostro amato giornalista. Terzani nasce a Firenze nel quartiere Monticelli, il 14 settembre 1938 da genitori appartenenti alla classe operaia. Il padre Gerardo, era meccanico con una piccola officina a Firenze, la madre Lina Venturi, faceva cappelli per una sartoria. Con la massima semplicità essi gli inculcarono nobili principi e l'infanzia passò fra ristrettezze economiche, ma Tiziano mostrò sempre un'acuta intelligenza e un grande desiderio di studiare. Il desiderio di evadere, però, da quella realtà quotidiana lo portarono ben presto a girare il mondo. Infatti, dopo essersi diplomato con il massimo dei voti, era pronto a entrare a lavorare in banca, ma lui capì subito che quel posto andava contro il suo carattere. Tenta, allora, di essere ammesso al prestigioso Collegio Medico-Giuridico della Scuola Normale Superiore dell'Università di Pisa, oggi Scuola Superiore Sant'Anna di Studi Avanzati, una delle eccellenze nel panorama universitario italiano. Entra, ha come compagno di corso Giuliano Amato, ex presidente del Consiglio,e si laurea in giurisprudenza nel 1961. Una serie di problemi famigliari lo costringono però a rivedere i suoi propositi, e senza soldi, è costretto ad accettare la proposta di lavoro della Olivetti. Alla Olivetti fa carriera rapidamente: inizia dalla catena di montaggio, passa alle vendite porta a porta, poi all'ufficio personale, qui ha un buon incarico che gli piace, deve viaggiare in Europa e nel resto del mondo per assumere laureati per le varie filiali, ed uno dei vari benefit aziendali gli permette di avere la moglie al suo fianco. Si sposa con Angela Staude il 27 novembre 1962, di origine tedesca ma nata nel 1939 in Italia, a Firenze, dove la famiglia si era trasferita. Il padre di lei è il pittore Hans-Joachim e la madre l'architetto Renate Moenckeberg, una famiglia che vanta fra i propri avi, tra l'altro, esploratori e accademici. Ben presto nascono i due figli, Folco e Saskia, e nel 1965, viaggia per l'azienda in molte aree del mondo. In Sud Africa comincia a scrivere per l'Astrolabio, una rivista di sinistra diretta da Ferruccio Parri, da qui affronta principalmente le tematiche dell'apartheid e dello sfruttamento sociale del continente africano. E' durante questa collaborazione che matura la decisione di lasciare la Olivetti, di fare il giornalista e lo scrittore, esplorando attentamente il mondo, scrivendone. Lo stesso anno è in Giappone, ed è il suo primo contatto con l'Asia, un ulteriore passo verso la decisione di cambiare radicalmente lavoro, stavolta nella consapevolezza che ciò che voleva esplorare era quell'immenso continente. Dopo essere stato in Australia, in Thailandia e aver studiato, tra il 1967-69, alla Columbia University di New York, torna in Italia e comincia a lavorare come giornalista per il quotidiano il Giorno, ma nel cuore e nell'anima ha l'Asia, così bussa alla porta di molti altri giornali, sparsi un po' in tutta Europa: ha la cultura adatta, sa parlare 5 lingue, francese, inglese, portoghese, tedesco e cinese, ma sembra che a nessuna delle principali testate europee importi qualcosa di tutto questo. Infine Der Spiegel accetta le sue proposte di collaborazione e lo manda a Singapore: ha un contratto come freelance per un anno, può aprire un ufficio, ha la copertura per tutto l'Estremo Oriente, ed è qui che Terzani si trasferisce nel 1971 portandosi dietro la moglie, Angela Staude e i loro due figli piccoli. Quando Terzani sbarca in Asia è disilluso dal capitalismo occidentale e per un qualche tempo vede la soluzione nel comunismo asiatico, ma ben presto capisce che forse non c'è nessuna soluzione, ed anche il comunismo non aveva quelle risposte che lui cercava. I reportage che invia in questo periodo, da tutti ritenuti ottimi, diventeranno poi un libro "Pelle di Leopardo. Diario vietnamita di un corrispondente di guerra 1972-1973", in cui descrive le ultime fasi della guerra del Vietnam. Da questo momento le esperienze di Terzani in Asia sono descritte in articoli e saggi su giornali, così come nei numerosi libri che ha scritto. In un periodo in cui i giornalisti italiani erano poco conosciuti a livello mondiale, l'Italia ha avuto, grazie a Der Spiegel, un corrispondente e scrittore di primo piano sulle grandi crisi asiatiche. Alla fine della guerra del Vietnam, raggiunge Saigon da dove racconta la conquista della capitale del Vietnam da parte dei Vietcong e la fuga degli ultimi occidentali a bordo di elicotteri americani, lui rimase lì per qualche tempo, insieme a pochissimi altri giornalisti, e vide i cambiamenti che venivano apportati, descrisse come avvenne la trasformazione del paese dove esistevano industrie corrotte e città-bordello e scrisse approvandolo, sul sistema di rieducazione. Da Singapore si sposta a Hong Kong nel 1975 dove segue le notizie della Cina del dopo Mao e compie i primi viaggi nel paese. Dal 1977 segue anche cosa succede in Cambogia, prima nelle mani dei Khmer Rossi, poi invasa dal Vietnam, e non riesce nemmeno minimamente a immaginare quello che stava succedendo in Cambogia, con i milioni di persone torturate e uccise. Nel 1979 dopo quattro anni di soggiorno ad Hong Kong va a vivere in Cina, si sposta come è abituato a muoversi un occidentale, viaggia per il paese, da solo o con la famiglia, e il partito lo fa controllare ma lui sfugge spesso alla sorveglianza. Deve farlo perché vuole vedere la Cina come è realmente, e non come gliela vorrebbero far vedere e conoscere, ovvero, scopre una Cina diversa da come appare in quel periodo sui giornali, affamata, povera, distrutta dal maoismo. Il partito non è abituato a tanta libertà individuale e nel 1984 lo fa arrestare, lo accusa di attività controrivoluzionarie, viene rieducato per un mese e quindi espulso definitivamente. Il tradimento del patrimonio del paese e del suo meraviglioso passato si trova in "La Porta Proibita", un libro molto critico sulla Cina post-maoista, ma nel 1981 scrive il libro "Olocausto in Cambogia" dove descrive il suo viaggio a Phnom Penh, dopo l'intervento vietnamita. In questo periodo rischiò di essere condannato a morte mentre cercava di documentare la nuova Cambogia democratica: I Khmer Rossi volevano ucciderlo dopo il suo arrivo nella città di confine di Poipet, gli salvò la vita la sua conoscenza della lingua cinese. Dopo l'espulsione dalla Cina, nel 1984 vive per un breve periodo a Hong Kong, poi si sposta a Tokyo dove rimase fino al 1990, ma qui è soggetto a una forte depressione e vive il suo peggior periodo professionale. Dal Giappone, comunque, segue le vicende della rivoluzione contro Marcus nelle Filippine, senza però perdere di vista il Sudest Asiatico. Nel 1988 lascia La Repubblica, a cui aveva collaborato fin dagli inizi e inizia a collaborare col Corriere della Sera. Nel settembre 1990 lascia Tokyo e si trasferisce a Bangkok,nell'estate del 1991, alla notizia del golpe contro Garbaciov si precipita a Mosca e nel 1992 seguirà la pubblicazione di "Buona notte, signor Lenin" sul crollo del sistema sovietico. Nel 1995 esce quello che è forse il libro più noto, "Un Indovino mi disse", dove Terzani descrive i suoi viaggi in tutta l'Asia via terra e via mare, seguendo i consigli e l'avvertimento di un indovino di Hong Kong che gli aveva detto di evitare i viaggi in aereo per tutto il 1993. Un capitolo del libro è interamente dedicato a Ferdynand Ossendowski, l'Avventuriero di cui abbiamo parlato, perché naturalmente, come uomo di grande cultura quale era, ne era rimasto letteralmente affascinato. Così come rimane affascinato dalle descrizione del Barone Pazzo, la cui immagine più riuscita è certo quella che lo vede correre nella notte dentro l'imponente e rossa "Fiat" dai potenti fari accesi, con il volto tirato e i baffi alla mongola. Ma Ungern affascina anche per quella sua sovrumana ipersensibilità che gli fa riconoscere con un'occhiata i commissari politici sovietici in un gruppo di prigionieri, gli fa affrontare impavido una morte predetta e gli fa pronunciare parole profetiche: "Morirò d'una morte atroce, ma il mondo non ha mai conosciuto il terrore e il mare di sangue che vedrà adesso..." Come rimane affascinato dalle magie e le suggestioni ipnotiche di un personaggio misterioso, reale ma degno di un romanzo, come il Tushegun Lama, "non un monaco ma un guerriero e un vendicatore che fa miracoli e profezie" e che dice all'attonito Ossendowski: "Voi europei non potete ammettere che noi nomadi ignoranti possediamo i poteri della scienza del mistero"; non soltanto perché descriveva un buddhismo poco noto allora e oggi in Occidente, quello tibetano e mongolo, dei conventi, dei monaci e dei lama che vivono in zone impervie e inaccessibili, del Dio Vivente, degli intrighi politico-religiosi, delle visioni inesplicabili e delle meditazioni, ma soprattutto perché parla diffusamente della figura del Re del Mondo. Stesse storie, stesse atmosfere presenti anche in Roerich, l'Artista Mistico altrettanto amato da Terzani, che contribuirà ad incrementare il mito del centro iniziatico di Agarthi, e che nella narrativa e nella cinematografia popolare, assumerà nel novecento vari nomi e identità. Terzani assimila tutte queste conoscenze, comprende gli errori del passato e delle tante ideologie umane, acquista così una nuova visione spirituale del quotidiano, mentre il mondo sta annegando in un neo-spiritualismo da supermercato e sta al contempo dimenticando eroi tragici e grandiosi. E lui, identificandosi, forse, come l'ultimo vero avventuriero occidentale, nel 1994 si stabilisce a New Delhi, in India, con la moglie Angela, scrittrice, e i due figli, ed è questo il paese che maggiormente influirà sul suo cammino. Nell'agosto 1996, interrompendo un rapporto durato 25 anni, Terzani lascia Dier Spiegel e se ne va in pensione, nel 1998 esce "In Asia" un libro a meta' strada fra la cronaca e la biografia, una raccolta dei suoi migliori scritti. Nel 2002 pubblica "Lettere contro la Guerra," sull'intervento militare in Afghanistan e la guerra voluta dagli Stati Uniti contro il terrorismo. Il libro nasce come risposta alle invettive anti-islamiche pubblicate dalla giornalista e scrittrice italiana Oriana Fallaci sul quotidiano Il Corriere della Sera il 29 settembre 2001, ma lo scritto è molto forte per il suo contenuto ed è respinto da tutti gli editori nel mondo di lingua inglese. Da questo libro inizia un pellegrinaggio che lo porta a intervenire in diverse scuole e a congressi pubblici, questo è anche il periodo in cui comincia a sostenere Gino Strada ed Emergency. Ma è nel suo ultimo libro "Un Altro Giro di Giostra" (2004), che Terzani parla della sua malattia, un cancro, e che alla fine lo ha portato alla morte, ma non prima di aver viaggiato e cercato attraverso paesi e civiltà, una cura, sia essa data dalla medicina occidentale o da quella alternativa tramite una nuova visione della vita. E' il viaggio piùdifficile da lui intrapreso, alla ricerca di una ritrovata pace interiore e che si conclude nel confinamento sulla regione montuosa dell'Himalaya nei primi anni del nuovo millennio, in una piccola capanna che affittava per meditare e lavorare sui suoi libri. Tornato in Italia, trascorse gli ultimi mesi di vita con la moglie e il figlio in Orsigna, un piccolo villaggio tra le montagne dell'Appennino in provincia di Pistoia, che egli considerava "il suo vero, ultimo amore", e muore il 28 luglio 2004, a 66 anni. I suoi ultimi ricordi sono registrati in un'intervista per la televisione italiana dal titolo "Anam", una parola indiana che significa letteralmente "colui senza nome", un appellativo che gli era stato dato nel corso di un'esperienza in un ashram in India. Il suo libro testamento "La Fine e il mio Inizio" e' stato scritto con il figlio Folco e pubblicato postumo nel marzo 2006, diverrà poi il soggetto di un film del 2011 interpretato dall'attore svizzero-tedesco Bruno Ganz, mentre il figlio Folco, dall'attore italiano Elio Germano.

La Collana del Corriere della Sera
A dieci anni dalla scomparsa, Corriere della Sera presenta l’opera completa di Tiziano Terzani raccolta nella collana ‘Tiziano Terzani, Cronache di una Vita’, la testimonianza di un indimenticabile giornalista e scrittore che, con i suoi libri, ha indagato ed è andato alla scoperta del mondo e di sé stesso. La bibliografia completa del grande giornalista e scrittore, ripercorre la sua esperienza, i viaggi nel sudest asiatico, la ricerca della verità e la scoperta del mondo. I suoi libri si leggono con passione e curiosità, a metà tra romanzi d’avventura e reportage di viaggio, e racchiudono sempre aspetti biografici che avvicinano il lettore alla personalità dell’autore, ai suoi pensieri e ai suoi dubbi. In questa collana Corriere della Sera riunisce tutti i suoi titoli dispiegando la complessità ma anche la coerenza e il filo rosso che lega le opere di Tiziano Terzani, dai reportage dai luoghi più lontani ai libri più intimi. La collana si è aperta il 28 luglio scorso con “Un Indovino mi disse”, che racconta sullo straordinario anno che Terzani passò facendo il corrispondente senza prendere l’aereo, dopo che un indovino gli aveva vaticinato che avrebbe rischiato di morire volando, occasione che lo porterà ad osservare l’amata Asia da una prospettiva nuova. Seguiranno “Un Altro Giro di Giostra”, l’ultimo libro di Tiziano Terzani che parte dalla scoperta della malattia e descrive gli ultimi viaggi da New York a sperduti paesi dell’India, fino al ritiro in un ashram nel Tamil Nadu prima, e poi sull’Himalaya; “La Fine è il mio Inizio” scritto a quattro mani con il figlio Folco; “Lettere contro la Guerra” che raccoglie alcune delle sue lettere pubblicate sul Corriere della Sera all’indomani dell’attentato del'11 settembre 2001 a New York; “La Porta Proibita” che raccoglie una serie di articoli scritti nel suo periodo trascorso in Cina; “Buonanotte Signor Lenin” che narra il viaggio di Tiziano Terzani all’interno dell’U.R.S.S. mentre è in atto la sua dissoluzione; “Pelle di Leopardo” che racconta la sua prima esperienza di testimone di guerra al suo arrivo in Vietnam nel 1972; “In Asia”, il racconto di un continente che Terzani ha raccontato vivendoci per moltissimi anni della sua vita; “Fantasmi. Dispacci dalla Cambogia”, una raccolta dei suoi reportage sul Paese con alcune fotografie scattate da lui, e si conclude con il libro “Un’Idea di Destino”, composto da pagine più intime, meditazioni, lettere alla moglie e ai figli, appunti, tutti accuratamente raccolti e ordinati dall’autore stesso. I libri saranno reperibili in edicola con Corriere della Sera ogni lunedì al prezzo di € 8,90, i volumi, inoltre, sono disponibili anche in e-book sulla app per iPad Biblioteca del Corriere a € 5,99.
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