La mostra personale di Yu Ming dal titolo “L’ASSIOMA DEL VERO” all’Accademia delle Arti del Disegno
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Dal 5 al 26 ottobre 2024 nella Sala delle Esposizioni dell’Accademia delle Arti del Disegno, in Via Ricasoli n.68 (angolo Piazza San Marco) a Firenze, è visitabile con ingresso gratuito la mostra personale dell’artista e accademico cinese Yu Ming, dal titolo “L’ASSIOMA DEL VERO”, a cura di Claudio Rocca e Giovanna Uzzani.
Organizzata dall’Accademia delle Arti del Disegno in collaborazione con Beijing Jin Shangyi Art Foundation, l’esposizione comprende 51 opere realizzate con tecnica ad olio e 12 disegni e offre l’opportunità di seguire l’interessante percorso artistico di Yu Ming nell’ultimo suo decennio di ricerche. Artista autorevole nel panorama del realismo contemporaneo, Yu Ming, nato nel 1977 a Qiqihar, la città più settentrionale della Cina, nella provincia di Heilongjiang, cresce a Benxi, nella provincia di Liaoning, circondata da belle montagne, ruscelli e fiumi, e forse proprio questa esperienza ha determinato il suo interesse verso la pittura paesaggistica.
Professore dell’Accademia Centrale di Belle Arti (CAFA) e dottore di ricerca in Arte, Yu Ming coniuga perfettamente tecniche tradizionali e tematiche moderne, favorendo il dialogo tra Oriente e Occidente, tradizione pittorica e innovazione tecnica, in una straordinaria sinfonia visiva. Membro della China Artists Association, della China Neo-Classical Art Association e della Portrait Society of America, Yu Ming ha ottenuto riconoscimento internazionale e premi prestigiosi e suoi lavori sono presenti in collezioni nazionali e mostre internazionali.
Come sottolinea Cristina Acidini, Presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno, siamo in presenza di un artista affermato, che “con il suo studio e i suoi viaggi in Europa e in America, coronati da meritati riconoscimenti, ha conquistato una cifra espressiva di alto rango” e “all’occhio dello storico dell’arte viene naturale discernere nei suoi cieli annuvolati e spaziosi i ricordi della pittura olandese del Secolo d’Oro, nei paesaggi verdi e acquatici vibranti di effetti luminosi il sapere pittorico degli Impressionisti, nei ritratti esatti e silenti il pensoso psicologismo di Hopper”.
Uno degli elementi ricorrenti nelle opere è la raffigurazione dei paesaggi e del popolo del Tibet, infatti sin dal 1995 Yu Ming compie molteplici viaggi attraverso le regioni selvagge ed estreme del Tibet, abitate da un’umanità ancora immersa nella vita rurale, alla ricerca dei valori di vita espressi da minoranze etniche che vivono un rapporto forte e autentico con la natura. Torna ripetutamente in Tibet, vivendo con le popolazioni indigene che di buon grado si prestano a posare per lui, ne cattura le espressioni più intime e si fa spedire i loro abiti.
Yu Ming sottolinea che “l’altopiano innevato è un ambiente difficile per la sopravvivenza umana, ma la gente è piena di sole e forza. Si avvicinano alla vita con entusiasmo, lavorando e recitando preghiere ogni giorno. Hanno fiducia nella vita e forti credenze religiose. Dal mio punto di vista di straniero, il loro modo di vivere appare naturalmente sano e potente. Sia l’aspetto fisico del popolo tibetano che i paesaggi locali sono soggetti ideali per la pittura a olio”.
L’artista invita il pubblico a mettere in discussione la natura stessa della “verità” e della “realtà” nell’arte. I suoi ritratti e i paesaggi trascendono la semplice replica del vero, immergendosi nella complessità e nei dettagli rintracciabili sotto la superficie delle cose e delle persone. Una delle sezioni della mostra è dedicata al disegno, strumento di primaria importanza per l’artista, sia come elemento preparatorio alla pittura a olio, sia come opera autonoma e fine a se stessa. Nella pratica del disegno Yu Ming dimostra piena maestria, oltre ad una meticolosa attenzione ai processi esecutivi, alla composizione, al volume, allo spazio, così come alle luci e alle ombre; passaggi preliminari rispetto al successivo esercizio del tratto del pennello e delle qualità cromatiche. Nelle sue tele emerge equilibrio tra l’estetica tradizionale cinese e la sensibilità occidentale in un’accattivante fusione di culture e filosofie artistiche.
L’intervista curata da Claudio Rocca ripercorre nel registro autobiografico gli anni della vocazione iniziale e la formazione dell’artista: il ruolo importante della madre, cui la mostra è dedicata; il processo pedagogico-didattico che dalle scuole superiori ai corsi universitari viene impartito ai giovani artisti, il rapporto controverso fra l’apprendimento tradizionale e gli stimoli internazionali della contemporaneità, in un ambito fervido di opportunità. Offre inoltre la possibilità di comprendere l’animo con cui l’artista si accosta alla pittura ad olio di tradizione ottocentesca e la valenza imprescindibile dei viaggi attraverso i maggiori musei e collezioni europei e statunitensi, alla ricerca della propria identità di artista. Non soltanto i musei contribuiscono alla formazione dell’artista, ma anche lo studio dal vero dei paesaggi urbani così come degli interni, alla ricerca del “tipico”: “Durante i miei viaggi in Occidente presto attenzione alle caratteristiche culturali locali e ai paesaggi naturali. Adoro le città ricche di storia, quei piccoli centri urbani dove ovunque si possono trovare tracce del passato. Dunque sviluppo l’abitudine di disegnare ovunque, prendendo appunti visivi. Anche quando non ho tempo di disegnare, "disegno" con gli occhi, osservando la luce, ma anche i volti e le dinamiche delle figure in relazione all'ambiente” spiega Yu Ming.
La mostra evidenzia l’evoluzione di Yu Ming come artista, dalla sua rigorosa formazione all’Accademia Centrale di Belle Arti ai molteplici e lunghi viaggi che hanno ampliato la sua visione umana e artistica, contribuendo ad arricchire la comprensione della luce. Nelle opere esposte persiste l’aspetto realistico e ognuna è testimonianza della maestria acquisita e del profondo coinvolgimento emotivo dell’artista con i suoi soggetti, offrendo agli spettatori la possibilità di riflettere sulla bellezza del mondo e sulle espressioni dell’esperienza umana.
Yu Ming prende le distanze da esperienze moderniste che conducono a mode che egli sente effimere e non destinate a sopravvivere al proprio tempo, afferma di richiamarsi al valore assoluto di bellezza così come ai modelli “classici”. Semplice imitazione?
Per chi continuasse a dibattersi e si chiedesse se la scelta realista rappresenti il rifiuto dello spirito di contemporaneità, la curatrice Giovanna Uzzani evidenzia il pensiero di Yu Ming, il quale confessa di ammirare “ogni linguaggio che contenga competenza, poesia, composizione, sapiente uso del colore, capacità di emozionare, non certo per rifiutare il presente, ma semplicemente perché il realismo è lo stile che più si adatta a lui, che gli viene spontaneo e accende la sua fantasia. È il suo linguaggio naturale. La sua pittura non ha intenzione polemica nei confronti della contemporaneità, ma è un gesto di riappropriazione di identità altre e, insieme, della propria”.
Ufficio Stampa
ANNA BALZANI
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