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Il Trovatore di Giuseppe Verdi in scena al Comunale Nouveau di Bologna con la regia di Davide Livermore. Sul podio dell'Orchestra del Comunale Renato Palumbo

Un racconto che si fa etico, diventa una narrazione dell’anima che esiste in qualsiasi tempo ed è sempre votata all’oggi.
Forlì, (informazione.it - comunicati stampa - arte e cultura)

 Il Trovatore di Giuseppe Verdi in scena al Comunale Nouveau, co-prodotto da Comunale di Bologna con il Regio di Parma secondo Davide Livermore. Il regista  torna a collaborare col Comunale, ora con Carlo Sciaccaluga, che, per l'occasione, ne riprende la regia, e con Giò Forma che cura le scene, D-Wok i video, Antonio Castro le luci e Anna Verde i costumi, costruendo una potente rilettura della tradizione, trasferita qui e oggi, ad una realtà nascosta ma visibile .

Secondo il regista, infatti:

"la rappresentazione delle cose deve imitare il vero in maniera difettosa e svelare qualcosa di nascosto nel quale tutti possano entrare».
Per questo non è necessario definire un tempo ed un luogo, poichè il significato ed il valore dei fatti è eterno, sempre rileggibile, senza tempo nè luogo, dunque. o in un non-definito tempo 

E' quello che viene chiamato "approccio distopico": la scena, un enorme schermo, di una periferia degradata, frequentata da rom e personaggi di circo, in uno uno scenario di guerra e distruzione.

 Scenario che, oggi, tv e media ci mandano quotidianamente.

Per leggere la filosofia della visione di Livermore, il regista ci ricorda (nella intervista di Andrea Maioli)

"Nelle opere di Verdi il racconto si fa etico, diventa una narrazione dell’anima che esiste in qualsiasi tempo ed è sempre votata all’oggi"   

E poi, ancora:

. “Quando preparo una regia, parto da uno studio maniacale: parto dal libretto e nel caso del Trovatore dalla bellissima storia di Salvadore Cammarano: è il nostro tempo ma anche un altrove, è una contemporaneità distopica in cui i gitani esistono, sono giostrai e circensi e spesso vivono sotto i cavalcavia delle nostre tangenziali sulle quali sfrecciamo a bordo delle nostre auto senza minimamente renderci conto che sotto di noi pulsa una vita rimossa da una società che non sa più osservare il territorio, ma vive il tempo solo attraverso logiche virtuali o fake”.

  In questo quadro registico, potente quando necessario e raffinata sempre la concertazione di Renato Palumbo alla guida del Coro (preparato da Gea Garatti Ansini) e dell'Orchestra del Comunale, che già diresse l'opera verdiana al Comunale, nel 2012, con la regia di Paul Curran. 

Protagonisti i cantanti Roberto Aronica nei panni di Manrico, voce solida e precisa,  Marta Torbidoni (Leonora), dotata di una vocalità vibrante ed un timbro molto ampio ed articolato in tutti i registri, Lucas Meachem (Conte di Luna) al debutto al Comunale, capace di una buona prestazione per volume, timbro e fraseggio.

E ancora, Chiara Mogini (Azucena), dotata di una voce morbida e naturale. A questi si sono alternati Zi-Zhao Guo, Federica Vitali, Angelo Veccia e Cristina Melis.

 Gianluca Buratto (Ferrando), Benedetta Mazzetto (Ines) e Cristiano Olivieri (Ruiz) a completare la compagine vocale.



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Giancarlo Garoia
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