PAOLO BATTAGLIA LA TERRA BORGESE: IL 27 GENNAIO 1945 LA FINE DELLA SHOAH. QUEL PRECEDENTE TRAGICO DESTINO NELLA PITTURA DI CHAGALL
Comunicato Precedente
Comunicato Successivo
Catastrofe, disastro e distruzione. Fra il 1939 e il 1945 circa sei milioni di Ebrei furono meticolosamente uccisi dai nazisti del Terzo Reich. A ricordare il mondo ebraico con l’arte di Marc Chagall è il critico d’arte Paolo Battaglia La Terra Borgese.
Sono trascorsi esattamente vent’anni - ricorda il Critico - da quel primo di novembre 2005, quando il 27 gennaio è stato designato “Giorno della Memoria” dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Un ventennio, un ricordo, una memoria che, nondimeno, è anticipato dal percorso dell’arte, con i segni di Marc Chagall.
Il mondo ebraico - spiega Battaglia La Terra Borgese -, con i suoi simboli, il suo folklore, i suoi profondi contenuti umani e religiosi è una componente fondamentale dell’ispirazione di Chagall. I vecchi rabbini con la Torah, i musici della strada, i mendicanti dal volto verde (colore di uno stato di ubriachezza) che portano sulle spalle il sacco con il cibo e il libro delle preghiere, personaggi che hanno colpito la fantasia di Chagall negli anni della sua infanzia a Vitebsk, tornano ora come protagonisti dei suoi quadri: Il violinista verde, ad esempio, è il simbolo della gaiezza dell’uomo ebraico, della sua profonda e semplice spiritualità.
Nella serie di 7 pannelli che Chagall dipinge nel 1920 per il teatro ebraico di Mosca è invece la forza inventiva, la fantasia, l’immaginazione del popolo ebreo che vengono riprodotte con immediatezza e vivacità. Alla base di queste composizioni - fa notare Paolo Battaglia La Terra Borgese - c’è sempre l’allegro mondo ebraico di Vitebsk, e il ricordo delle feste di Purim (la salvezza del popolo ebraico dall'annientamento in Persia, come raccontato nel Libro di Ester), che si svolgevano nella locale comunità chassidica, la setta religiosa che predica l’abbandono fiducioso e lieto alla volontà divina e condanna l’ascetismo, la tristezza, il dolore, come impedimenti a quella totale comunione con Dio, da cui provengono all’uomo ebreo doti profetiche e la capacità di compiere miracoli.
Ma non soltanto l’elemento fantastico e miracolistico della sua gente rimane nei ricordi di Chagall a sostanziare il suo mondo poetico; vi rimane anche l’immagine del dolore e la pietà per il suo tragico destino di popolo da secoli esule e perseguitato.
Crocefissione bianca del 1938 - evince dalla scena Paolo Battaglia La Terra Borgese -, in cui il Cristo appare circondato da simboli e scene del mondo ebraico - il candelabro a sette braccia, la sinagoga in fiamme con gli oggetti del culto sparsi sulla strada, il villaggio di Vitebsk distrutto, e gli abitanti che muoiono o scappano volando in cielo - è infatti il commosso tributo che Chagall offre al suo popolo, di nuovo oppresso e costretto alla fuga dalle persecuzioni naziste.

Le passioni che dominarono la vita e le opere di Marc Chagall furono il senso di appartenenza alla Russia, la fede e la cultura ebraica e il matrimonio con il primo amore, Bella. E i diversi soggetti, ripetuti, di violinisti figurati sui tetti, suggeriscono la condizione degli Ebrei di tutto il mondo, l’instabilità della loro vita - chiude Paolo Battaglia La Terra Borgese -.
Referenze fornite dal critico d’arte Paolo Battaglia La Terra Borgese:
Marc Chagall, Il violinista verde - 1923, olio su tela, 78×42 cm, New York, Museo Guggenheim
Marc Chagall, La Crocifissione bianca - 1938, olio su tela, 155×140 cm, Chicago, The Art Institute
Bella e Marc Chagall in una foto del 1938 a Parigi
Il Teatro ebraico da camera nasce nel 1919 a San Pietroburgo; quando l’anno successivo trasloca a Mosca il regista Aleksej Granovskij chiede a Chagall di ideare le scenografie per lo spettacolo inaugurale. Rattristato dall’ambiente spoglio, l’artista decide di realizzare l’intero apparato decorativo della sala e in soli 40 giorni crea i sette grandi teleri.
Ufficio Stampa
ESTER
Ufficio Stampa (Leggi tutti i comunicati)
Italia
ufficioinformazione@gmail.com