Politica e Istituzioni
In ricordo di Diego Raffone
I politici di oggi si contendono (in una gara dal ribasso morale) la visibilità sui social media, essendo convinti che questa fornisca loro una premessa per ottimi risultati elettorali, oltre che una garanzia di notorietà. Non a caso, tutte le maggiori piattaforme di video sharing sono state progressivamente occupate da politicanti di ogni schieramento, senza esclusione di colpi. Dunque, uno scenario assai deprimente e nel quale dibattiti sia di idee sia di competenze di settore sono irreperibili: assistiamo quotidianamente a programmi in cui la classe politica italiana alterna piagnistei tipici dei bambini dell’asilo a vere liti da pollaio.
Tuttavia, non è stato sempre così, e per nostra fortuna, direi. Infatti, al tempo della cosiddetta Prima Repubblica il tenore degli uomini politici era ben diverso, ed il confronto era frutto di discussioni fra persone colte, capaci di un lessico ricco ma sobrio, di una perfetta padronanza linguistica e stilistica dell’italiano, di una cultura ben articolata in ogni campo, dalla tecnica alla giurisprudenza, passando per la letteratura.
Perciò, quando la società non era stata ancora imbarbarita né resa teledipendente ed il termine “digitale” era unicamente associabile ora ad un genere erbaceo ora all’anatomia della mano, ecco che esistevano politici che sapevano farsi apprezzare grazie alla propria valentia, ed era in particolare nella dimensione locale che si potevano reperire i migliori esempi di capacità gestionale, di spirito d’iniziativa e di competenze ad ampio spettro. Tant’è vero che talora le segreterie nazionali dei partiti del tempo erano in difficoltà allorché si trattava di candidare in collegi più periferici qualcheduno già parlamentare e dal nome famoso nella penisola, poiché l’elettorato era così saldamente ancorato ai propri esponenti locali che difficilmente avrebbe digerito una nomina calata dall’alto.
Un esempio fu la vicenda del segretario provinciale del PSI senese Franco Sartini alle politiche del 1992, quando il candidato indicato dalla segreteria nazionale Giuliano Amato ottenne sì l’elezione alla camera nel collegio Siena-Arezzo-Grosseto, ma con pochissimi voti di distanza da Sartini.
Ebbene, rimanendo in casa socialista, come non ricordare l’uomo che ha dedicato la vita al servizio dei propri concittadini, permettendo così politiche di sviluppo a favore del meridione, e specialmente del Vallo di Diano. Purtroppo, più di un decennio ci separa ormai dalla prematura dipartita di Diego Raffone: nato a Castellammare nel 1939, frequentò il seminario locale e successivamente quello di Salerno; trasferitosi in seguito a San Giovanni Teduccio fu impiegato nello stabilimento Cirio, di cui divenne poi direttore.
L’attività politica di Raffone ebbe inizio nel 1970, e, quattro anni più tardi, era già sindaco di Sala Consilina. Le sue doti di oratore e la sua abilità di sapiente mediatore fra opposti pareri tanto nelle correnti di partito quanto nell’interlocuzione con le altre forze politiche gli valsero la diretta approvazione di Bettino Craxi, il quale ebbe modo sia di visitare i luoghi in cui Raffone esercitava il proprio impegno politico sia di elogiare il buon operato del Raffone stesso.
Su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in data 27/12/2001, Raffone ricevette l’onorificienza di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Pertanto, Diego Raffone è stato un politico, un socialista, di razza: provinciale sì, ma apprezzato da molti (sostenitori ed avversari) e secondo a pochi.
Giorgio Mellucci