INTERVISTA AD UNO DEGLI AMMINISTRATORI DEL GRUPPO "MOBILITÀ INTERCOMPARTIMENTALE DOCENTI"

intervista pubblicata da "La voce della scuola" sulla richiesta di mobilità intercompartimentale docenti. Il gruppo Mobilità intercompartimentale dei docenti nasce nel 2023 e conta ad oggi più di 3600 adesioni. La sensazione è che il problema sia molto sentito nella categoria e i numeri siano destinati ad aumentare. A differenza di altri gruppi della Scuola, discute ed auspica il raggiungimento di un solo obiettivo: il passaggio ad altro ramo della P.A.
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Campobasso, (informazione.it - comunicati stampa - varie)

Il gruppo Mobilità intercompartimentale dei docenti nasce nel 2023 e conta ad oggi più di 3600 adesioni. La sensazione è che il problema sia molto sentito nella categoria e i numeri siano destinati ad aumentare. A differenza di altri gruppi della Scuola, discute ed auspica il raggiungimento di un solo obiettivo: il passaggio ad altro ramo della P.A.
Ne parliamo con Antonio De Cristofaro, l’amministratore storico.

Come nasce il gruppo della Mobilità intercompartimentale?

De Cristofaro Parlando con un collega dei problemi della Scuola nel ferragosto del 2023, ci siamo resi conto che non è più la stessa Istituzione di quando avevamo iniziato. E non riconoscendoci più in questa professione, ma fermamente convinti di essere servitori dello Stato, abbiamo notato che solo noi non potevamo prestare il nostro servizio presso altri rami della P.A. Pertanto abbiamo creato un gruppo che avesse questo fine. Noi desideriamo continuare a spendere le nostre competenze per lo Stato.

Perché volete lasciare la Scuola? Qualche esponente ha parlato di un amore finito…

De Cristofaro Esattamente. Due entità si incontrano e basano il loro cammino insieme sulla base di promesse reciproche. Al momento dell’inizio del rapporto le funzioni del docente e l’istituzione Scuola erano molto diverse da quelle che sono oggi. Poi le cose sono cambiate. Un po’ la società, ma soprattutto una serie di cosiddette riforme hanno determinato un lavoro diverso.
I docenti del gruppo pensano che gli ideali della Scuola e la funzione del docente siano stati traditi dalla Scuola azienda. E’ come in una storia d’amore di fronte a un tradimento si sono sentiti prima sorpresi e increduli, poi disillusi. E infine, con grande amarezza, hanno preso atto della situazione.

Cosa intende per prendere atto?

De Cristofaro Questi insegnanti hanno capito che l’amore per la Scuola a cui avevano creduto e deciso di dedicare la loro vita lavorativa era più lo stesso. E hanno inteso che la Scuola si è incamminata su una strada da cui difficilmente potrà tornare indietro.
La Scuola è dunque cambiata ? Loro chiedono di cambiare, semplice.
Stanchi e disincantati, i docenti ci scrivono ringraziandoci di avere aperto il gruppo, si sentono finalmente compresi. Ci invitano ad andare avanti, e intravedono una luce in fondo al tunnel.
Pur continuando ad essere professionali sul posto di lavoro, ora chiedono un’alternativa.

Che cosa rappresenta il gruppo della Mobilità intercompartimentale per queste persone?

De Cristofaro Una speranza.

Chi sono i componenti del gruppo? Che tipo di docente si iscrive?

De Cristofaro Tendenzialmente sono insegnanti che lavorano con grande abnegazione da tempo nella Scuola, da almeno quindici, vent’anni. In molti casi più di trenta. Ci sono quindi colleghi a cui mancano pochi anni alla pensione, ma sono presenti anche molti che hanno davanti metà vita lavorativa. E con i continui innalzamenti dell’età pensionabile e quelli che in maniera grottesca si prospettano, specie per coloro che sono nati a partire degli anni Settanta, nasce un problema.

Ossia?

De Cristofaro Non si può pensare di rimanere in cattedra fino a quell’età con generazioni sempre più giovani e con i ritmi che si richiedono nella Scuola di oggi. Una professione che richiede di essere docenti e impiegati ad un tempo. Senza staccare mai.
E poi emerge ciò che forse non ti aspetti.

A cosa ti riferisci?

De Cristofaro Con sorpresa, ma fino ad un certo punto, abbiamo notato che aderiscono anche insegnanti molto giovani, addirittura neo immessi. Questi ammettono una cosa: non credevano che il lavoro del docente fosse così stressante e faticoso.
Non si tratta quindi di un problema legato solo all’età anagrafica e a nostro avviso tocca una platea potenzialmente più ampia dei componenti del gruppo.

Quali sono le motivazioni di questo disagio?

De Cristofaro Le motivazioni sono molteplici e complesse. Proverò a sintetizzarle. In primo luogo l’attività di docenza è solo la punta di un iceberg, La burocrazia ha preso il sopravvento e costituisce parte integrante della professione con pratiche che hanno a che vedere poco o nulla con l’insegnamento.
Di fatto ormai costituisce un lavoro nel lavoro. Le riunioni si sono moltiplicate e impegnano i docenti per sempre più ore insieme ai classici consigli di classi cresciuti anch’essi di numero.
A queste vanno aggiunte le attività di preparazioni lezioni, verifiche e correzioni delle stesse che di fatto costituiscono da sempre un lavoro sommerso non riconosciuto e la continua formazione.
Il docente moderno è costretto a confrontarsi con l’aumento della digitalizzazione che spesso sconfina a limite dell’art. 33 Costituzione, quello che sancisce la libertà di insegnamento. Inoltre gli strumenti adottati sono discutibili: il registro elettronico ha reso più complesso il lavoro di registrazione delle assenze e di tutto ciò che porta al confronto con la segreteria; le mail e i numerosi gruppi social con colleghi, gruppi classe, etc. rendono di fatto il docente reperibile in continuazione. Tutte attività che con il passare dei mesi rischiano di portarlo sotto pressione.
La questione delle classi pollaio, lungi dall’essere risolta, determina maggiore stress e un conseguente aumento del lavoro a casa.
Un altro aspetto è il rapporto con i genitori che da collaborativo è diventato spesso conflittuale, fino a portare al rischio della propria incolumità personale come se evince sempre più di frequente dai numerosi fatti di cronaca. Se l’allievo non studia, non è mai colpa dello scarso impegno dello stesso, ma del docente.
La professione docente è soggetta poi a diverse competenze: psicologiche, pedagogiche, sociali, digitali, linguistiche e tante altre., oltre a quelle didattiche e relative alla propria disciplina.

Tale situazione può portare anche al burnout?

De Cristofaro Certo. La professione di per sé è soggetta a tale rischio. L’ha affermato in diverse occasioni Lodolo D’Oria, il medico che con grande passione studia da oltre trent’anni le malattie professionali degli insegnanti. Inoltre un lavoro che si sviluppa ai livelli stressanti raggiunti negli ultimi due lustri, può rischiare di accrescere i casi di burnout, come hanno rilanciato preoccupate nell’ultimo periodo diverse riviste scolastiche on-line e alcune sigle sindacali.
E la mobilità intercompartimentale può essere una seria soluzione a questo problema.

Quali sono ad oggi le alternative presenti a chi non vorrebbe più insegnare? Sono sufficienti?

De Cristofaro Oggi il docente che non si sente più di lavorare in questo ambito deve effettuare un lungo percorso per motivazioni di salute che lo esonerino dal servizio spostandolo in genere nelle segreterie. In questa maniera però cristallizza la propria carriera dal punto di vista economico.
Per il docente che non abbia problemi di salute non si può percorrere questa strada.
Più raramente vengono posti a bando dei posti di comando o collocamento fuori ruolo, ma i posti sono troppo pochi rispetto alla domanda sempre più crescente dei docenti e la maggiore parte ne rimane fuori. Ad ogni modo questi distacchi sono solo per un periodo temporale limitato, in genere da uno a tre anni.
Infine ci sono naturalmente le dimissioni, cosa per la quasi totalità degli stessi è impraticabile, anche se alcuni casi si iniziano a registrare.
Noi crediamo che tutto questo non sia giusto e che preso atto del cambiamento della professione, ci siano delle alternative.

In concreto che cosa chiedete?

De Cristofaro Noi chiediamo in prima battuta di portare le nostre competenze verso un altro ramo della P.A. Siamo fermamente convinti che questo sia un beneficio di cui possa godere anche lo Stato e nello stesso tempo permetterebbe un nuovo afflusso di docenti più giovani e forse più indicati alla Scuola 4.0. Inoltre chiediamo la possibilità di accedere all’eventuale carenza di posti emergenti dagli uffici del MIM, quali dipendenti dello stesso Ministero, senza bandire un concorso esterno. Riteniamo infine che sia necessario il riconoscimento per tutta la categoria di professione usurante e l’ottenimento della pensione anticipata senza penalizzazioni.
In subordine richiediamo il passaggio ad ATA senza interruzione della propria carriera economica o alcuna cristallizzazione della stessa e lo stop alla burocratizzazione della Scuola.

https://www.vocedellascuola.it/mobilita-intercompartimentale-lintervista-a-de-cristofaro/ 

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