L’orrore del Congo e lo sfruttamento delle vite umane: Gilles Yahfa torna con “Figli di Serpente”, un grido crudo e necessario contro lo stupro come arma da guerra
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«Siamo figli del serpente. Papà è uno stupratore. Mamma non ci vuole» Con queste parole crude e coraggiose inizia il grido lacerante di Gilles Yahfa nel suo nuovo singolo, "Figli di Serpente", un’opera che denuncia con straordinaria verità e intensità l’orrore che da troppo tempo si consuma nella Repubblica Democratica del Congo, dove lo stupro viene utilizzato come un’arma di guerra e le donne, siano esse madri o figlie, vengono brutalmente violate. Yahfa, con l’artiglieria più potente che possiede, la sua penna affilata e la sua urgenza espressiva, dà voce a quelle vittime invisibili e a quei figli che portano con sé il peso insopportabile di una nascita generata dall’orrore.
Il testo è saturo di immagini forti, ritratti di una lunga serie di abusi che non lasciano spazio ad ambigue interpretazioni: «Siamo vittime, uno sbaglio. Rinnegati da sempre, la gente non ci vuole», un quadro devastante della realtà che migliaia di bambini e madri vivono quotidianamente in Congo. Gli stupri di massa sono all'ordine del giorno, usati come strumento di controllo, violenza e umiliazione in una guerra sporca che si consuma nell’indifferenza globale. Ma “Figli di Serpente” non è solo il tragico storytelling musicale di ciò che accade al di là del Mediterraneo, è una chiamata alle coscienze, un appello a non rimanere in silenzio di fronte ad un orrore che continua a perpetrarsi e a trovare terreno fertile nella non curanza e nel disinteresse collettivo.
«Hanno il number 23, non c'entrano con Jordan, pure la M, e non intendo Michael» canta Yahfa riferendosi alla brutalità dei ribelli dell’M23, la milizia che continua a devastare la popolazione locale per lo sfruttamento del Coltan, minerale essenziale per la produzione di tecnologia.
«Lo stupro viene usato come arma, la guerra si fa sui corpi delle donne e il mondo guarda altrove - spiega Yahfa -. Un'indifferenza che diventa complicità, specialmente in Occidente, dove il silenzio copre la realtà brutale di chi paga il prezzo più alto.»
Una denuncia scomoda e coraggiosa, mediante la quale Yahfa si interroga anche sul ruolo dell’Occidente e dell’ipocrisia globale: «In Occidente stanno in fila per il nuovo iPhone qua scorre sangue, nessuno vive», prosegue il testo, puntando il dito contro il silenzio complice di chi continua a beneficiare di minerali insanguinati per alimentare il mercato tecnologico, senza chiedersi il prezzo reale pagato dalle vittime di questo sistema.
Il brano affronta anche la questione delle religioni imposte durante la colonizzazione, che secondo l’artista ivoriano d’adozione bergamasca hanno addormentato lo spirito di ribellione degli africani: «Aspettiamo ancora che un dio bianco ci salvi», un verso che evidenzia come le chiese lussuose sorgano in un paese dove mancano scuole, ospedali e infrastrutture, e la fede venga usata come strumento per mantenere la popolazione in uno stato di rassegnazione.
Con questa nuova release, Gilles Yahfa lancia un monito: il mondo non può più girarsi dall’altra parte di fronte ad un genocidio che continua nell’indifferenza generale.
«Sono più di 6 milioni le vittime di questa guerra – spiega l’artista – e nessuno sembra voler fermare tutto questo, perché?»
Una domanda a cui il cantautore panafricanista non cerca solo risposta, ma con la quale vuole scuotere una società sempre più assuefatta al male.
“Figli di Serpente” è una denuncia, un pugno nello stomaco e un appello a riflettere in maniera attiva. Gilles Yahfa, già noto per le sue precedenti release volte a smuovere la coscienza insita in ciascuno di noi, oltre che per la sua partecipazione ad X Factor Italia nel 2018, continua il suo percorso di sensibilizzazione attraverso la musica, dando luce e dignità a chi le ha perduta e portando sotto i riflettori le tragedie dimenticate, o volutamente non trattate, del nostro tempo.
Concludendo il suo progetto con una riflessione amara sulla condizione umana e la necessità di un risveglio collettivo, Gilles Yahfa dichiara:
«Non sarà un brano a cambiare le cose, ma se anche solo una persona si fermerà a riflettere, avrò raggiunto il mio obiettivo. La musica può essere un veicolo potente per la verità, ma tocca a noi, come esseri umani, agire.»
Con “Figli di Serpente”, Gilles Yahfa riconferma di essere non solo un artista, ma una voce scomoda e necessaria nel panorama musicale contemporaneo, che sfida l'indifferenza e chiama alla responsabilità collettiva. Mentre noi ci godiamo i frutti di un mondo iperconnesso e distratto, milioni di persone continuano a pagare il prezzo più alto. Yahfa ci ricorda che la scelta di agire, o di restare in silenzio, è nelle mani di ciascuno di noi.