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Nuove scoperte a Pantalica: Sebastian Colnaghi rinviene un antico tesoro bizantino

Durante un'escursione nella suggestiva Necropoli di Pantalica in Sicilia, patrimonio mondiale dell'Unesco, l'ambientalista Sebastian Colnaghi ha fatto una scoperta straordinaria: nei pressi di una tomba a grotticella ha rinvenuto una moneta bizantina in bronzo e alcuni cocci di un vaso decorato, probabilmente parte di un corredo funebre.
Siracusa, (informazione.it - comunicati stampa - ambiente)

La Necropoli di Pantalica rappresenta uno dei più importanti siti archeologici d'Europa con oltre 3.700 tombe scavate nella roccia. Questo luogo ha ospitato diverse popolazioni nel corso dei secoli, tra cui i Siculi, i Greci, i Bizantini e i Normanni. I Siculi, una delle più antiche popolazioni indigene dell'isola, furono tra i primi abitanti della regione, seguiti dai Greci che fondarono diverse colonie lungo la costa siciliana. Durante il periodo bizantino Pantalica divenne un rifugio sicuro, grazie alla sua posizione naturalmente fortificata, e continuò a essere abitata fino all'arrivo dei Normanni.

 

“Durante una delle mie ultime escursioni a Pantalica - dichiara Sebastian Colnaghi - precisamente nei pressi della necropoli di Filiporto, ho notato all’esterno di una delle numerose tombe a grotticella alcuni cocci di un vaso greco dipinti di nero. È ancora visibile la vernice originale, prodotta dai Greci utilizzando un'argilla ricca di ossidi di ferro, che dopo la cottura diventava nera e lucida, mentre il resto del vaso rimaneva rosso. Poco distante ho trovato una moneta che esperti hanno identificato come bizantina, con i rilievi ancora chiaramente visibili. Questo ritrovamento evidenzia l'eccezionale ricchezza di questo sito archeologico che continua a svelare testimonianze del passato”.

 

La moneta rinvenuta risalirebbe a un periodo compreso tra l'829 e l'832 d.C. e raffigura Michele II e suo figlio Costantino su un lato, mentre l'imperatore Teofilo è inciso sull'altro. Questo tipo di moneta, noto come “follis ridotto”, è caratterizzato dall'assenza di lettere incise, una peculiarità legata alle riforme economiche del periodo bizantino. Il ritrovamento di una moneta così ben conservata offre preziosi spunti per comprendere meglio il contesto storico ed economico dell'epoca.

 

“A Pantalica, i Bizantini hanno lasciato tracce significative durante un periodo compreso tra il VI e il IX secolo d.C. - afferma la guida naturalistica Fabio Morreale - e il ritrovamento di questa moneta conferma che, nonostante le numerose campagne di scavo condotte in passato, il territorio di Pantalica è ancora incredibilmente ricco di reperti. Il celebre archeologo Paolo Orsi condusse ben quattro campagne di scavo qui e Luigi Bernabò Brea proseguì il suo lavoro, ma lo strato di terra continua a custodire materiale che potrebbe ulteriormente arricchire le nostre conoscenze sulla vita a Pantalica attraverso i millenni”.

 

I Bizantini non solo si insediarono a Pantalica ma vi lasciarono anche un'eredità religiosa, come testimoniano le chiese bizantine di San Micidiario, San Nicolicchio e la Chiesa del Crocifisso. “Queste chiese furono affrescate in periodo bizantino e successivamente durante il dominio normanno - aggiunge Fabio Morreale -. Purtroppo, i cancelli che proteggevano questi luoghi sacri furono forzati dai vandali e lasciati aperti per decenni. Tuttavia, grazie a una maggiore attenzione da parte della Soprintendenza per l'Archeologia di Pantalica, i cancelli sono stati finalmente richiusi, preservando così gli affreschi originali che ancora oggi possiamo ammirare”.

 

“Ho ritenuto importante raccogliere con attenzione questo materiale - conclude Colnaghi -. Ho annotato le coordinate del luogo del ritrovamento e ho consegnato i reperti al Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi di Siracusa, che è un punto di riferimento per lo studio e la conservazione dei beni archeologici. La mia speranza è che i resti trovati possano contribuire a nuovi studi e ricerche, arricchendo ulteriormente le conoscenze sulla storia di Pantalica e delle antiche civiltà che vi hanno vissuto”.

Ufficio Stampa
Daniela Franzò
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