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“Basta con la scuola !” Insegnanti che chiedono la mobilità intercompartimentale

Deluso dal cambiamento della professione e oberato dalla burocrazia, un gruppo di insegnanti chiede di passare ad altro ramo della P.A.
Campobasso, (informazione.it - comunicati stampa - politica e istituzioni)

 

“La mobilità verso altro ramo della P.A. e, qualora dovessero esserci dei posti disponibili, lo spostamento negli uffici amministrativi dei Csa.” Sono queste le principali richieste di un gruppo, denominato “Mobilità intercompartimentale docenti”. Stanchi  dei continui cambiamenti della professione, gli  insegnanti si appellano all’art. 3 della Costituzione. Essi richiedono il diritto di potersi spostare attraverso la mobilità verso gli altri ambiti dello Stato, come avviene per le restanti categorie del pubblico impiego, secondo un principio di uguaglianza.

Alla base delle richieste del gruppo, c’è il repentino e continuo mutamento a cui è andata incontro la professione docente negli ultimi anni. 

Per lungo tempo individuato soltanto nelle ore di lezioni, il loro lavoro è in realtà gravato da una sempre più pressante burocrazia, che nulla avrebbe  a che vedere con la didattica.

Imputato numero uno è il registro elettronico. Questo strumento ha  complicato la registrazione delle presenze degli allievi, allungando i tempi di compilazione rispetto al classico registro cartaceo, con problematiche derivanti dalla privacy, rischi di errore, e un aumento di operazioni di segreteria.

A questo va aggiunto tutta una serie di altre incombenze burocratiche che sviliscono il docente, togliendo tempo prezioso alla didattica, come diversi elaborati da redigere nel corso  dell’anno scolastico, le presentazioni di programmazioni e di altra modulistica per monitorare costantemente il percorso degli allievi. A questi vanno aggiunti progettazioni che diminuiscono il tempo da dedicare alla propria disciplina, impegnandoli in attività trasversali che non riguardano direttamente la propria materia. Inoltre negli ultimi tempi si sarebbero moltiplicate le riunioni e la formazione, portando i docenti a rimanere a scuola nell’arco di buona parte della giornata, senza avere il conforto di un buono pasto. Di più: talvolta non trovano nemmeno il tempo di ristorarsi in pausa pranzo, dovendo passare senza soluzione di continuità tra attività burocratiche e lezioni.

A queste incombenze va comunque aggiunto, naturalmente, la preparazione di verifiche, delle lezione e la correzione continua degli elaborati degli studenti. Un carico di lavoro che viene anche in questo caso effettuato a casa, e non lascia traccia.

I docenti in questione lamentano anche un’accentuata aziendalizzazione della Scuola, con la crescita repentina dei poteri del dirigente-manager, permessa dalla legge 107/2015, altrimenti detta “Buona Scuola”, e dalla continua digitalizzazione che arriverebbe a mettere a rischio la libertà di insegnamento, prevista dall’art. 33 della  Costituzione.

Dietro l’angolo lo spettro del burnout,  come ricordato dagli studi del Dottor Lodolo D’Oria, che fin a partire dagli anni Novanta ha messo in luce e studiato le malattie psichiatriche, professionali e non solo a cui sarebbero soggetti i docenti. 

E che con un quadro mutato rischierebbero di aumentare.

A  queste vanno aggiunte, come ricordano molti articoli della cronaca, le numerose aggressioni da parte di studenti e famigliari, che mettono a rischio la loro incolumità.

Per tali motivi, gli insegnanti non si riconoscono più nel mestiere che avevano fortemente voluto e in cui avevano investito molti anni in formazione, sentendosi quasi traditi, e chiedono di utilizzare le loro competenze in un altro ramo della P.A., almeno a parità di condizioni economiche.

“Impossibile immaginare di arrivare a 68, 70 anni e forse più sulla cattedra effettuando questa professione con tali ritmi”, sostiene uno degli iscritti.

La mobilità intercompartimentale dei docenti risulta allo stato attuale vietata da un combinato disposto di norme, tra cui la 311/2004, dovute al blocco del tournover presente nel pubblico impiego fino al 2018.

A causa dell’alto numero dei suoi dipendenti, la Scuola non era soggetta a questi limiti.

Tuttavia, a partire dal 2019, la P.A. ha effettuato migliaia di assunzioni, e continua a farle, rendendo quantomeno anacronistico e superato questo suo divieto. Inoltre anche nelle pieghe del PNRR si può notare come l’Ue inviti gli stati membri ad attuare i trasferimenti intercompartimentali tra i diversi rami della P.A.

Alla luce dei motivi illustrati, il gruppo chiede ai sindacati e al decisore politico di superare i vincoli di alcune leggi, e di permettere di spostarsi verso un’altra attività dello Stato, come avviene in altri Paesi Europei. Essi potrebbero così mettere a disposizione le proprie competenze e consentire un contestuale ingresso di nuovi docenti, più in sintonia (forse) con il nuovo volto che la Scuola sta assumendo.

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