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Il PCI Lazio rinnova denuncia. Caporalato: la schiavitù nel terzo millennio Tutti sanno, nessuno interviene Roma

Abbiamo partecipato a manifestazioni unitarie. Collaboriamo a sostenere le ragioni dei lavoratori sfruttati: a cominciare da quelli schiavizzati. Ci prepariamo a continuare la lotta su questo terreno. Intanto, rinnoviamo denunce che devono essere conosciute da tutti. Così presenta riflessione approfondita e nota politico sociale il PCI Lazio circa lo sfruttamento nei campi.
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Anche nelle ultime settimane, purtroppo a seguito dei livelli di inumanità ormai raggiunti ma di cui troppo poco si parla anche nella informazione quotidiana, abbiamo assistito a vittime sul lavoro nei campi. Ciò ha determinato una grande mobilitazione: ad esempio a Latina, dove il PCI ha partecipato alle manifestazioni unitarie ed a quelle della comunità indiana.

“Va sempre denunciato l’aspetto che opera alla base di tutto questo - commenta il segretario regionale del PCI, Bruno Barbona - Nel settore agricolo il 98% dei rapporti è fuorilegge. Seicentoventi episodi di caporalato scoperti dall'Ispettorato del lavoro nel 2023 in tutto il Lazio, 608 dei quali soltanto nel settore dell'agricoltura. Individuati 8.981 dipendenti con posizioni irregolari, 1.274 in nero: 64 erano clandestini. Nel Lazio si stimano circa 50mila lavoratori clandestini, 15mila solo a Latina. Le nazionalità più rappresentate fra i lavoratori stranieri «assunti in ambito agricolo sono rumena, marocchina, albanese, indiana, senegalese e pakistana». Il Lazio ha il 40% di manodopera clandestina nell’agricoltura (su una media del 20-30% nel Centro Italia), insieme con regioni come Campania, Puglia, Calabria e Sicilia.

La L. 199/2016 prevede la reclusione da uno a sei anni, oltre alla multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore, chiunque recluti manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento. La fattispecie aggravata del reato prevede la reclusione da 5 a 8 anni e una multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato quando il reato di caporalato è compiuto mediante violenza o minaccia. – continua nella analisi curata dal PCI Lazio e qui resa nota dal dirigente comunista - Ciò nonostante questo sfruttamento continua a mietere vittime. Mancano i controlli da parte delle istituzioni e della forza pubblica, mancano le denunce da parte dei sindacati confederali che si accorgono del fenomeno solo in casi di “lutto”, mancano gli ispettori del lavoro. L’ordinanza del 19 giugno 2024 di Francesco Rocca, Presidente della Regione Lazio prevede il divieto delle le attività lavorative all'aperto dalle ore 12:30 alle 16:00, con efficacia immediata fino al 31 agosto 2024, nei giorni in cui il rischio di esposizione al sole con attività fisica intensa è segnalato sul sito Workilmate 2.0. Ma, come sempre accade in Italia, questa ordinanza risulta del tutto vana, lettera morta, senza i dovuti controlli. Ma questo il Presidente lo sa…

Il PCI del Lazio da sempre – conclude il segretario Barbona - denuncia la condizione di schiavitù di questi come di altri lavoratori (pensiamo ai riders o ai troppi cantieri edili senza regole). Caporalato e lavoro nero sono due piaghe che, oltre ad essere uno scandalo per una società civile, tolgono risorse alla pubblica amministrazione con una evasione fiscale totale mentre padroni e padroncini si ingrassano con la complicità dei loro caporali. E’ora di fermare questo scempio. E’ora di fermare le morti sul lavoro. E’ ora di farla pagare ai nuovi schiavisti.”

Ufficio Stampa
maurizio aversa
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