Politica e Istituzioni
Meritocrazia Italia: tra dimensionamento e autonomia differenziata, non si trascurino le reali esigenze della Scuola
Negli ultimi mesi, il sistema scolastico italiano è interessato da interventi di riforma strutturali di notevole rilievo, quali il dimensionamento scolastico e l’autonomia differenziata, misura ancora in discussione (d.d.l. Calderoli).
Con la legge di bilancio 2023 e il successivo decreto emanato dal MIM di concerto con il MEF (127/2023), sono stati definiti su base triennale i criteri per la determinazione del contingente organico dei Dirigenti Scolastici e dei DSGA e la sua distribuzione tra le Regioni, “tenendo conto del parametro della popolazione scolastica regionale”.
A conclusione del processo di riforma (a.s. 2031/32), il numero delle istituzioni scolastiche autonome risulterà ridotto di circa il 9%, in quanto le Regioni, nel rispetto dei parametri indicati dal decreto interministeriale, saranno tenute ad “accorpare” più scuole che singolarmente non raggiungono il numero minimo di alunni previsto dalla norma nazionale, con assegnazione a ciascuna istituzione scolastica di un proprio Dirigente e un proprio DSGA, facendo così venir meno le scuole sottodimensionate.
In altre parole, il governo ha imposto alle Regioni di avere tante scuole quanti sono i Dirigenti assegnati dal governo centrale, senza più reggenze di nessun tipo.
A margine di ogni considerazione dettata dalle diverse interpretazioni normative, la riforma impone comunque un’attenta riflessione.
Nel prossimo triennio verranno soppresse circa l’8,8% delle unità scolastiche attualmente esistenti con pesantissime ripercussioni sul sistema d’istruzione: oltre al taglio netto di circa 1.400 posti tra Dirigenti Scolastici e DSGA, si registreranno perdite di organico tra il personale ATA e i docenti, un notevole aumento della complessità organizzativa (in ordine al numero di sedi e comuni a cui le istituzioni scolastiche dovranno rapportarsi), prevedibili difficoltà di gestione dell’offerta formativa; le fusioni saranno concentrate prevalentemente nel Mezzogiorno (in particolare Campania, Sicilia, Calabria, Puglia, Sardegna) e nelle aree interne del Paese a causa del calo demografico e di una situazione preesistente più complessa.
Un piano che aumenta il numero degli alunni per istituto, senza però diminuire quello di allievi per classe, lasciando irrisolto, e se possibile, accentuando il problema delle cd. classi pollaio.
Un dimensionamento, in altre parole, che potrà penalizzare le aree interne, le aree più fragili a partire da quelle del Mezzogiorno e che produrrà spopolamento del tessuto scolastico.
Tutto questo in un contesto nel quale l’eventuale approvazione della proposta dell’autonomia differenziata, potrebbe determinare un incremento del già pesante divario territoriale nel sistema scolastico.
Il disegno di legge 615 che andrà in discussione al Senato dal prossimo 16 gennaio, mira a concedere alle regioni a statuto ordinario, su richiesta, la competenza esclusiva sull’intera materia dell’istruzione. Si tratterebbe di un processo volto a differenziare a livello regionale le norme che disciplinano il sistema di istruzione.
Gli operatori di settore temono infatti che la autonomia differenziata possa attribuire alla legislazione regionale la disciplina di: contratti collettivi e trattamento economico di Docenti, Ata e DS, mobilità territoriale, valenza di concorsi per il reclutamento a sbarramento regionale, programmazione dell'offerta formativa e percorsi di alternanza scuola lavoro, normativa in materia di obbligo scolastico, il tutto con l’inevitabile rischio di creare sistemi di istruzione sostanzialmente diversi da Regione a Regione.
Negli ultimi mesi, il sistema scolastico italiano è interessato da interventi di riforma strutturali di notevole rilievo, quali il dimensionamento scolastico e l’autonomia differenziata, misura ancora in discussione (d.d.l. Calderoli).
Con la legge di bilancio 2023 e il successivo decreto emanato dal MIM di concerto con il MEF (127/2023), sono stati definiti su base triennale i criteri per la determinazione del contingente organico dei Dirigenti Scolastici e dei DSGA e la sua distribuzione tra le Regioni, “tenendo conto del parametro della popolazione scolastica regionale”.
A conclusione del processo di riforma (a.s. 2031/32), il numero delle istituzioni scolastiche autonome risulterà ridotto di circa il 9%, in quanto le Regioni, nel rispetto dei parametri indicati dal decreto interministeriale, saranno tenute ad “accorpare” più scuole che singolarmente non raggiungono il numero minimo di alunni previsto dalla norma nazionale, con assegnazione a ciascuna istituzione scolastica di un proprio Dirigente e un proprio DSGA, facendo così venir meno le scuole sottodimensionate.
In altre parole, il governo ha imposto alle Regioni di avere tante scuole quanti sono i Dirigenti assegnati dal governo centrale, senza più reggenze di nessun tipo.
A margine di ogni considerazione dettata dalle diverse interpretazioni normative, la riforma impone comunque un’attenta riflessione.
Nel prossimo triennio verranno soppresse circa l’8,8% delle unità scolastiche attualmente esistenti con pesantissime ripercussioni sul sistema d’istruzione: oltre al taglio netto di circa 1.400 posti tra Dirigenti Scolastici e DSGA, si registreranno perdite di organico tra il personale ATA e i docenti, un notevole aumento della complessità organizzativa (in ordine al numero di sedi e comuni a cui le istituzioni scolastiche dovranno rapportarsi), prevedibili difficoltà di gestione dell’offerta formativa; le fusioni saranno concentrate prevalentemente nel Mezzogiorno (in particolare Campania, Sicilia, Calabria, Puglia, Sardegna) e nelle aree interne del Paese a causa del calo demografico e di una situazione preesistente più complessa.
Un piano che aumenta il numero degli alunni per istituto, senza però diminuire quello di allievi per classe, lasciando irrisolto, e se possibile, accentuando il problema delle cd. classi pollaio.
Un dimensionamento, in altre parole, che potrà penalizzare le aree interne, le aree più fragili a partire da quelle del Mezzogiorno e che produrrà spopolamento del tessuto scolastico.
Tutto questo in un contesto nel quale l’eventuale approvazione della proposta dell’autonomia differenziata, potrebbe determinare un incremento del già pesante divario territoriale nel sistema scolastico.
Il disegno di legge 615 che andrà in discussione al Senato dal prossimo 16 gennaio, mira a concedere alle regioni a statuto ordinario, su richiesta, la competenza esclusiva sull’intera materia dell’istruzione. Si tratterebbe di un processo volto a differenziare a livello regionale le norme che disciplinano il sistema di istruzione.
Gli operatori di settore temono infatti che la autonomia differenziata possa attribuire alla legislazione regionale la disciplina di: contratti collettivi e trattamento economico di Docenti, Ata e DS, mobilità territoriale, valenza di concorsi per il reclutamento a sbarramento regionale, programmazione dell'offerta formativa e percorsi di alternanza scuola lavoro, normativa in materia di obbligo scolastico, il tutto con l’inevitabile rischio di creare sistemi di istruzione sostanzialmente diversi da Regione a Regione.
Stop war.
Roma, lì 13 Gennaio 2024
Meritocrazia Italia
Il Presidente Walter Mauriello