Dialoghi di superficie - Gianluca Patti | Lucrezia Roda
Cosa rappresenta la “superficie” nella sua comune definizione? Possiamo in prima battuta affermare che essa rappresenta un piano che delimita lo spazio interno (quello di un corpo) da quello esterno (rappresentato dall’ambiente).
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Diano Marina,
(informazione.it - comunicati stampa - arte e cultura)
In questa sua importante funzione di limite ma, soprattutto, di involucro esterno e protettivo che custodisce e preserva l’intimità del corpo, si sviluppa la mostra Dialoghi di Superficie – nata da un’idea di Livia Savorelli, con il supporto condiviso dell’Associazione Culturale Arteam e della Civiero Art Gallery – che gioca, come dichiarato dal titolo, su dialoghi, sussurrati oppure palesemente esplicitati, che si sviluppano dall’interno per trovare nella superficie il modo più diretto per rivelarsi agli altri.
Questo jeu a deux si sviluppa, dal 13 aprile al 13 maggio, nella Sala “R. Falchi” del Palazzo del Parco di Diano Marina, e mette in relazione le opere di due artisti, dalle poetiche e dalle modalità espressive apparentemente lontane: le stratificazioni bidimensionali di Gianluca Patti, realizzate con materiali industriali – declinate nei monocromi della serie Frequencies o nella duplice variante dei Noise e dei Floating Noise, opere caratterizzate da un elemento geometrico ricorrente – e le fotografie di Lucrezia Roda, scatti che immortalano il processo produttivo dell’acciaio (carpito con un’ossessione maniacale per il dettaglio), con modalità inedite che richiamano la tecnica dello still life (da qui il gioco di parole che dà il nome alla serie Steel-Life) e che danno vita, a loro volta, ad immagini dal forte impatto estetico, associate ad altre che, percorrendo una strada più introspettiva, indagano la materia “metallo” dall’interno [nel ciclo About Metal (about me)], arrivando a concepire mappature astratte tanto più rarefatte quanto l’occhio meccanico si insinuava con maggiore profondità nelle sue trame.
In tutti i lavori in mostra, la superficie è la porta di ingresso principale di una complessa stratificazione di senso e di significato. Nelle modulazioni materiche di Patti, dove una ricorrente forma circolare crea armoniose e dinamiche texture (Noise) e nelle vibrazioni del colore originate dal “suono fluttuante” dei Floating Noise, si sedimentano memorie che, nell’atto creativo che alterna sovrapposizione e sottrazione, subiscono un inevitabile processo di trasformazione dato dal tempo che contribuisce a definire una nuova identità, suggellata dalla resina che ne diviene sua custode. Nelle opere fotografiche della Roda – sia nel dettaglio micro di un materiale inerme colto nella sua unicità sia nel funzionamento di un macchinario colto nell’apice della sua funzionalità – si susseguono immagini potenti, la cui forza espressiva è amplificata visivamente dal plexiglass che le ricopre, dove una matassa di filo arrugginito rivive in uno scatto dai toni glamour, un ordinato assemblaggio geometrico diviene architettura astratta, una fase industriale diviene scenario surreale ammantato di misterioso fascino.
La superficie come ultimo strato della sedimentazione della memoria e quindi sua proiezione, tramite tra il corpo dell’immagine e lo spazio esterno della fruizione, diventa fondamentale trama del visuale, pelle, involucro attraverso cui si esprime la materialità tipica della cultura visiva contemporanea.
GLI ARTISTI
Gianluca Patti (Monza 1977), dopo aver conseguito il diploma di Geometra, lavora per circa vent’anni nel settore della comunicazione e dell’editoria. Durante questi anni ha modo di approfondire la passione per l’arte cimentandosi, fin da subito, con la pittura e lo studio dell’arte contemporanea.
Nel periodo 2008-2011 collabora a diverse disposizioni e alla realizzazione di scenografie in ambito pubblicitario.
La sua attuale ricerca indaga l’importanza di materiali che ne hanno segnato il percorso formativo come prodotti cementizi, resine e pigmenti. Attraverso la classificazione di tali elementi, racconta il tempo e le storie non scritte che ad esso si accompagnano. Vive e lavora a Monza.
Lucrezia Roda, classe 1992, è una giovane fotografa italiana nata e cresciuta ad Erba, nel comasco. Ha intrapreso studi classici, coltivando parallelamente il suo interesse verso il mondo della fotografia. Nel 2011 inizia la propria formazione fotografica presso l’Istituto Italiano di Fotografia a Milano. Nel 2015 decide di spostarsi dal buio delle sale di posa al buio delle sale teatrali: spinta dal proprio amore per il palcoscenico e per la vita dietro le quinte, si iscrive presso l’Accademia del Teatro alla Scala, specializzando le proprie competenze fotografiche nell’ambito teatrale. Lavora dal 2015 come fotografa di scena.
Negli ultimi anni si avvicina al mondo della fotografia fine-art. Inaugura nel 2016 la sua prima mostra personale con la serie Steel-Life (tuttora in corso), una ricerca sul mondo del metallo come materia in trasformazione, che prosegue nel 2018 attraverso le lenti di un microscopio con About Metal (about me), progetto composto da video, testi ed immagini.
Questo jeu a deux si sviluppa, dal 13 aprile al 13 maggio, nella Sala “R. Falchi” del Palazzo del Parco di Diano Marina, e mette in relazione le opere di due artisti, dalle poetiche e dalle modalità espressive apparentemente lontane: le stratificazioni bidimensionali di Gianluca Patti, realizzate con materiali industriali – declinate nei monocromi della serie Frequencies o nella duplice variante dei Noise e dei Floating Noise, opere caratterizzate da un elemento geometrico ricorrente – e le fotografie di Lucrezia Roda, scatti che immortalano il processo produttivo dell’acciaio (carpito con un’ossessione maniacale per il dettaglio), con modalità inedite che richiamano la tecnica dello still life (da qui il gioco di parole che dà il nome alla serie Steel-Life) e che danno vita, a loro volta, ad immagini dal forte impatto estetico, associate ad altre che, percorrendo una strada più introspettiva, indagano la materia “metallo” dall’interno [nel ciclo About Metal (about me)], arrivando a concepire mappature astratte tanto più rarefatte quanto l’occhio meccanico si insinuava con maggiore profondità nelle sue trame.
In tutti i lavori in mostra, la superficie è la porta di ingresso principale di una complessa stratificazione di senso e di significato. Nelle modulazioni materiche di Patti, dove una ricorrente forma circolare crea armoniose e dinamiche texture (Noise) e nelle vibrazioni del colore originate dal “suono fluttuante” dei Floating Noise, si sedimentano memorie che, nell’atto creativo che alterna sovrapposizione e sottrazione, subiscono un inevitabile processo di trasformazione dato dal tempo che contribuisce a definire una nuova identità, suggellata dalla resina che ne diviene sua custode. Nelle opere fotografiche della Roda – sia nel dettaglio micro di un materiale inerme colto nella sua unicità sia nel funzionamento di un macchinario colto nell’apice della sua funzionalità – si susseguono immagini potenti, la cui forza espressiva è amplificata visivamente dal plexiglass che le ricopre, dove una matassa di filo arrugginito rivive in uno scatto dai toni glamour, un ordinato assemblaggio geometrico diviene architettura astratta, una fase industriale diviene scenario surreale ammantato di misterioso fascino.
La superficie come ultimo strato della sedimentazione della memoria e quindi sua proiezione, tramite tra il corpo dell’immagine e lo spazio esterno della fruizione, diventa fondamentale trama del visuale, pelle, involucro attraverso cui si esprime la materialità tipica della cultura visiva contemporanea.
GLI ARTISTI
Gianluca Patti (Monza 1977), dopo aver conseguito il diploma di Geometra, lavora per circa vent’anni nel settore della comunicazione e dell’editoria. Durante questi anni ha modo di approfondire la passione per l’arte cimentandosi, fin da subito, con la pittura e lo studio dell’arte contemporanea.
Nel periodo 2008-2011 collabora a diverse disposizioni e alla realizzazione di scenografie in ambito pubblicitario.
La sua attuale ricerca indaga l’importanza di materiali che ne hanno segnato il percorso formativo come prodotti cementizi, resine e pigmenti. Attraverso la classificazione di tali elementi, racconta il tempo e le storie non scritte che ad esso si accompagnano. Vive e lavora a Monza.
Lucrezia Roda, classe 1992, è una giovane fotografa italiana nata e cresciuta ad Erba, nel comasco. Ha intrapreso studi classici, coltivando parallelamente il suo interesse verso il mondo della fotografia. Nel 2011 inizia la propria formazione fotografica presso l’Istituto Italiano di Fotografia a Milano. Nel 2015 decide di spostarsi dal buio delle sale di posa al buio delle sale teatrali: spinta dal proprio amore per il palcoscenico e per la vita dietro le quinte, si iscrive presso l’Accademia del Teatro alla Scala, specializzando le proprie competenze fotografiche nell’ambito teatrale. Lavora dal 2015 come fotografa di scena.
Negli ultimi anni si avvicina al mondo della fotografia fine-art. Inaugura nel 2016 la sua prima mostra personale con la serie Steel-Life (tuttora in corso), una ricerca sul mondo del metallo come materia in trasformazione, che prosegue nel 2018 attraverso le lenti di un microscopio con About Metal (about me), progetto composto da video, testi ed immagini.
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