Politica e Istituzioni
La Corte Costituzionale dà ragione all’Italia dei Diritti sulle pari opportunità, ecco perché
Nel sostegno per la parità di genere, il movimento Italia dei Diritti è sicuramente in prima linea per far si che le pari opportunità vengano rispettate. Purtroppo questo non sempre avviene e la massiccia campagna condotta dal movimento presieduto dal giornalista romano Antonello De Pierro si arricchisce di nuovi argomenti citando una sentenza della Corte Costituzionale pronunciata in data 25 gennaio 2022. E' Carlo Spinelli responsabile per la Politica Interna dell'IdD a condurci all'interno della sentenza e a spiegare come questa potrebbe porre fine alla discriminazione di genere all'interno delle giunte negli Enti Locali:" Da tempo sosteniamo, come movimento, che la norma che prevede la parità di genere nelle giunte comunali, la 215/12, debba essere perfezionata. Il Mancato rispetto di tale legge infatti, per i comuni con popolazione inferiore ai 3000 abitanti, non prevede misure sanzionatorie se non attraverso la presentazione di un ricorso avverso la giunta che non rispetta la parità di genere, tramite la giustizia amministrativa.
Alla luce della sentenza che andremo a prendere in considerazione, riteniamo che questa norma sia affetta da una illegittimità costituzionale; infatti la sentenza emessa dalla Corte Costituzionale ( la 62/2022 ) da potere alle commissioni elettorali di estromettere dalla competizione per la carica di Sindaco e del consiglio comunale nei comuni con popolazione inferiore ai 5000 abitanti a quelle liste che non prevedono la rappresentanza dei due sessi, cosa che fino al 2021 non era contemplata; esisteva la legge - continua Spinelli - ma la sua violazione non era sanzionabile. Sta di fatto quindi che se la Corte Costituzionale si è pronunciata giudicando incostituzionale una norma che, se violata, non prevedeva sanzioni, anche la 215/12 di riflesso si può considerare incostituzionale. Ma andiamo a vedere le motivazioni che hanno portato la Corte Costituzionale presieduta da Giuliano Amato, a emettere questa sentenza. Iniziamo con la solita parabola che nei piccoli comuni non si riescono reperire donne in grado di impegnarsi politicamente. A tal proposito ecco come si è espressa la C.C”.
<< La diversità di trattamento riservata ai comuni minori non sarebbe giustificata dalla presunta difficoltà di individuare donne candidate in contesti abitativi di piccole dimensioni, considerato che non vi è un obbligo di candidare persone residenti nello stesso comune e che comunque eventuali difficoltà derivanti dalla carenza demografica prescindono dal genere dei candidati >>. “E questo secondo noi - prosegue Carlo Spinelli - vale anche per la composizione delle giunte comunali, ma proseguiamo”. << L’assenza per tali comuni di un meccanismo sanzionatorio del mancato rispetto del vincolo neutralizzerebbe l’intervento di promozione, impedendo un’effettiva realizzazione della parità di genere. La ratio della legge n. 215 del 2012, diretta a rimuovere gli ostacoli alla partecipazione all’organizzazione politica, sarebbe infatti svuotata dalla mancata previsione di misure di tutela proprio nelle realtà demograficamente più svantaggiate, in cui è oggettivamente più difficile valorizzare il patrimonio umano e professionale delle donne >>. “Ma la diversa applicazione della legge, ovvero le misure sanzionatorie diverse in base alla popolazione dei comuni, rappresenterebbe una doppia discriminazione leggendo un altro passo della sentenza”.
<< Ad avviso del rimettente la discriminazione si realizzerebbe su due piani: per un verso tra il genere maschile (storicamente più rappresentato) e quello femminile; per l’altro, all’interno dello stesso genere femminile, a seconda che si tratti di comuni con più di 5.000 abitanti, in cui sarebbe assicurata la presenza di candidati di entrambi i sessi, e comuni con numero inferiore di abitanti, in cui le donne rischiano di rimanere completamente escluse dalla vita politica. Il vulnus coinvolgerebbe inoltre lo stesso principio di buon andamento della pubblica amministrazione >>.
“Ma continuiamo con un altro stralcio della sentenza”. << Di conseguenza, sarebbe violato innanzitutto l’art. 51, primo comma, della Costituzione, che impegna il legislatore a predisporre misure dirette a colmare le diseguaglianze di genere nella partecipazione politica, anche al fine di assicurare pieno riconoscimento a un diritto politico fondamentale con i caratteri dell’inviolabilità ai sensi dell’art. 2 Cost. Sarebbe violato inoltre l’art. 3, secondo comma, della Costituzione., sia per la già indicata irragionevolezza e la sproporzione della scelta legislativa, sia perché solo per le elezioni comunali permarrebbe una differenziazione di regime in ragione delle diverse dimensioni dei comuni, tale per cui in quelli con meno di 5.000 abitanti opererebbe unicamente il vincolo di una generica «rappresentanza di entrambi i sessi, e ciò, nonostante la rilevante consistenza complessiva e l’importanza dei comuni di piccole dimensioni. L’assenza poi di un meccanismo sanzionatorio della mancata rappresentanza di uno dei due sessi impedirebbe l’effettiva realizzazione della parità di genere in contrasto con la ratio della stessa legge n. 215 del 2012, funzionale a sua volta a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono la piena partecipazione di tutti all’organizzazione politica >>.
La sentenza poi prende in esame anche gli articoli 12 e 14 del CEDU ( Corte Europea per i Diritti dell'Uomo ) violati dal mancato rispetto della parità di genere; comunque il testo completo si può trovare facilmente attraverso i motori di ricerca del web. Come abbiamo detto in apertura - è ancora l'esponente IdD a parlare - questa sentenza si riferisce alla presentazione delle liste per l'elezione alla carica di consigliere comunale nei comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti, ma, vista l'analogia con la norma che dovrebbe garantire la presenza dei due sessi nelle giunte comunali dei comuni con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti, può essere presa tranquillamente in considerazione.
Quindi, secondo questa sentenza, il legislatore dovrebbe impegnarsi affinché vengano predisposte misure dirette, e nel caso delle giunte comunali significa che lo stesso dovrebbe dare potere ai prefetti di competenza territoriale a bocciare quelle giunte che non presentino al loro interno la rappresentanza dei due sessi, dando il tempo necessario al Sindaco di riferimento per formare una nuova giunta che rispetti le pari opportunità pena lo scioglimento del consiglio comunale, commissariamento del comune e nuove elezioni. Se si va verso questa direzione, si eviterebbe un ulteriore ricorso alla Corte Costituzionale che già si è espressa per una norma analoga con conseguente risparmio di tempo e soprattutto di soldi oltre che - conclude Spinelli - si andrebbe a garantire un diritto fondamentale per le donne previsto dalla nostra Costituzione che le vorrebbe coinvolte, al pari degli uomini, nella vita politica del Paese".
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