"AUTOBIOGRAFIA DELL'INNATO" di Andrea Rossetti: il romanzo impossibile

Andrea Rossetti, l'enfant terrible del teatro sperimentale, dice di questo suo romanzo: "Il pensiero taglia, le parole suturano, noi resistiamo, indicando così, con fatica, il nostro luogo. L'esistenza è sempre chirurgica: guarisce a volte ma non risana mai. Del male reale di vivere hanno scritto in tanti ma del piacere ideale di non aver mai vissuto soltanto io".
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Roma, (informazione.it - comunicati stampa - editoria e media)

L’innato è qui un feto abortito, perduto dalla giovane madre durante una gravidanza difficile inserita nel contesto del suo matrimonio borghese - nato stanco e circondato da benessere crepuscolare - con un uomo molto più anziano. Come in un puzzle, il racconto mette insieme gli antefatti, le motivazioni, le pieghe più recondite e incredibili della gestazione e, quindi, le conseguenze del suo fallimento. L’autobiografia è narrazione delle ragioni dell’attesa e degli esiti della perdita di qualcuno che è e rimane assente senza tuttavia essere anche irrilevante, perché niente passa davvero, perché la vita rimane sempre addosso, tutta intera, fastidiosa e faticosa, e il grado massimo dell'amnesia somiglia a un conto rimasto in sospeso: la mancanza diviene così l'origine di ogni cosa e, a monte, teatro dell’assurdità della scrittura. “Autobiografia dell’innato” è infatti un romanzo contro il romanzo e contro la letteratura, caratterizzato da una raffinata tensione metaforica. Un’opera  sulla dissoluzione dell’uomo, della famiglia, della cultura occidentale.

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