Spaccio negli istituti penitenziari: Meritocrazia Italia chiede di andare alla radice del problema
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Alla cronaca la maxi operazione che ha visto coinvolti oltre cento indagati nel Nord Italia e ha messo in evidenza un fenomeno in aumento, quello delle piazze di spaccio negli istituti penitenziari, favorite non solo dal traffico di stupefacenti inframurario ma anche da una fitta rete di elusione che vede introdotti negli istituti di pena cellulari, schede prepagate e altri strumenti incompatibili con la condizione di ristretti.
È un dato allarmante e che impone una riflessione sulla sicurezza e la legalità nel luogo deputato alla rieducazione dei condannati.
Altra faccia della medaglia è la criticità delle condizioni di detenzione che esasperano il fenomeno dei suicidi e delle rivolte (ultima in ordine di tempo quella di Pescara, a seguito della quale il direttore è stato trasferito presso altra struttura e sono stati indetti molti scioperi nel mondo forense e penitenziario al fine di denunciare l’insostenibilità della situazione ormai prossima al collasso).
Questi due temi sono tra loro connessi più di quanto non possa apparire.
La condizione di tossicodipendenza (originaria o indotta dal consumo inframurario), infatti, si accompagna a una sintomatologia clinica precisa che non è compatibile con un istituto di detenzione, soprattutto se riferito alle strutture penitenziarie italiane.
È doveroso e necessario riflettere su questa correlazione, sia perché le imputazioni per droga costituiscono il primo indice di sovraffollamento (rispetto ad altri reati che spesso sono strumentali al procacciamento di sostanze o a esso presupposti) sia perché il fatto che la quasi totalità degli internati per droga sia anche consumatore incide sulle dinamiche di vivibilità che ricadono, inevitabilmente, sull’intero sistema carcerario, rispetto al quale non sono estranei neppure gli operatori che vi lavorano. E, se resta inaccettabile che in carcere possano trovare ingresso sostanze illegali o dispositivi per consentire la comunicazione con l’esterno al di fuori di quelli regolamentari, non tutti sanno che il d.l. n. 130 del 2020, regolarmente convertito, ha stabilito che introdurre e detenere telefoni in carcere è diventato reato autonomo (sia per chi introduce sia per chi detiene) senza però che ciò sia servito a rivolvere il problema, neppure dopo l’inasprimento di pena proposto nel 2023.
È fin troppo evidente che, se un carcere è saturo, anche i controlli sono più difficili, e, se la vivibilità è critica, si accresce esponenzialmente il rischio di situazioni come quelle oggetto dei fatti di cronaca in commento.
Per questi motivi Meritocrazia Italia, nella difesa della dignità umana e per garantire a pieno la funzione di rieducazione connessa alla struttura, oltre a ritenere necessaria la realizzazione di nuovi edifici atti a raccogliere strutture penitenziare ove il sovraffollamento carcerario sia insostenibile, chiede di:

- implementare strutture di comunità sul territorio all’interno delle quali inserire diverse figure professionali per un approccio terapeutico e di effettivo reinserimento sociale del detenuto, anche attraverso attività laboratoriali e progettualità mirate;
- riformare il sistema di accreditamento, che sia il più possibile omogeneo sull’intero territorio nazionale e non previsto su base regionale (dove sconta criteri e indirizzi differenti che si riflettono anche sulla qualità dei servizi erogati, fino a mettere in discussione gli stessi diritti di cura della persona tossicodipendente);
- coinvolgere, anche mediante accordi di rete con Enti del Terzo Settore, professionalità legate al trattamento medico/psicologico – quindi a impostazione quasi esclusivamente sanitaria – ma anche affiancandovi ulteriori figure di presa in carico complessiva della persona nella sua dimensione socio-relazionale, volte all’aumento delle competenze sociali;
- istituire un circuito di dispositivi interistituzionali in grado di intervenire in tutte le intersezioni del sistema penale creando collegamenti tra diverse istituzioni (penale, sanitaria, comunale) e il terzo settore (dai servizi di Riduzione del Danno alle Comunità Terapeutiche) sia nelle sue componenti operative e organizzative di servizi sia nella cooperazione sociale, fino al mondo degli imprenditori, commercianti, etc.
Stop war.
Roma, lì 21 Marzo 2025
Meritocrazia Italia
Il Presidente Walter Mauriello
Ufficio Stampa
Nicola Barbatelli
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Responsabilestampa@meritocrazia.eu