La Columbia University, una delle più prestigiose istituzioni accademiche di New York, è stata recentemente teatro di proteste intense. Gli studenti hanno organizzato un accampamento durato otto giorni per esprimere la loro opposizione alla guerra a Gaza.
La rettrice Nemat Shafik e gli studenti hanno trascorso una lunga notte tra martedì e mercoledì in negoziati. Questi colloqui sono stati innescati dalla visita imminente dello Speaker repubblicano della Camera, Mike Johnson. Johnson ha chiesto le dimissioni della rettrice Shafik, accusandola di non aver protetto adeguatamente gli studenti ebrei.
Martedì alle 22, la rettrice Shafik ha inviato via email un ultimatum agli studenti accampati: tutte le tende dovevano essere rimosse entro la mezzanotte, altrimenti l'università avrebbe considerato "opzioni alternative" per ripristinare l'ordine. Tuttavia, l'università ha successivamente prorogato di 48 ore l'ultimatum per lo sgombero forzato.
Come parte dell'accordo, i leader studenteschi hanno iniziato a smantellare le tende. Questo gesto simbolico segna un passo importante verso la risoluzione del conflitto.
Le proteste alla Columbia University non sono un caso isolato. In tutto il paese, gli atenei sono in rivolta. A Brooklyn, durante una manifestazione, sono stati effettuati numerosi arresti. Nel frattempo, al Grand Army Plaza, 3.000 ebrei, tra cui le personalità note Nan Goldin e Naomi Klein, hanno partecipato a un sit-in nei pressi della residenza di Chuck Schumer, presidente del Senato. Schumer stava approvando un decreto sul finanziamento militare mentre la protesta si svolgeva.
Questi eventi segnano un momento significativo nella storia recente degli Stati Uniti. A 200 giorni dall'inizio della guerra, il fronte interno americano è in fermento, con le università in prima linea nelle proteste. La situazione alla Columbia University è emblematica di questo movimento più ampio. La risoluzione di questa crisi potrebbe avere ripercussioni significative sul futuro del dibattito pubblico negli Stati Uniti.
