Ponte sullo Stretto, il governo lo definisce "strategico per la Nato": la mossa per aggirare i vincoli Ue
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ROMA – Se il progetto esecutivo ancora manca, le giustificazioni per accelerare i tempi non sembrano essere un problema. Il governo Meloni, con un decreto firmato dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e dalla premier Giorgia Meloni, ha chiesto alla Commissione europea di considerare il Ponte sullo Stretto di Messina un’opera "strategica nell’ottica della difesa europea e della Nato", inserendola nel Military mobility action plan approvato dall’Ue un anno fa. Una mossa che, se accolta, permetterebbe di bypassare i vincoli ambientali comunitari, spesso ritenuti l’ostacolo principale alla realizzazione dell’infrastruttura.
La motivazione ufficiale è chiara: il ponte, definito "di cogente e imperativa necessità", sarebbe fondamentale per il rapido spostamento di truppe e mezzi militari in caso di conflitto, trasformandolo così in un tassello cruciale per la sicurezza continentale. "Un’opera non più rinviabile", ha ribadito Salvini, che promette "cantieri a breve" e almeno "120mila posti di lavoro". Ma dietro l’argomentazione strategica, l’opposizione vede un tentativo di aggirare le regole. Angelo Bonelli (Avs) non usa mezzi termini: "È un trucco per evitare i controlli ambientali, mascherando un’opera controversa da priorità militare".
La questione, del resto, non è nuova. Da decenni si discute della fattibilità del ponte, tra valutazioni tecniche, costi esorbitanti e impatti sull’ecosistema dello Stretto. Quello che cambia oggi è l’approccio: se in passato si parlava di sviluppo economico e connessione territoriale, ora la retorica si sposta sul piano della sicurezza. Una sterzata che solleva interrogativi, anche perché – come sottolineano gli scettici – non esiste ancora un piano dettagliato su come l’infrastruttura dovrebbe integrarsi con le esigenze della difesa comune.