Cerimonia di apertura della Porta Santa a Rebibbia con Papa Francesco
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Era il 2014 quando papa Francesco, in un discorso rivolto all’associazione degli avvocati penalisti, rompeva con la tradizione cristiana e cambiava il lessico rispetto alla dottrina della Chiesa. In quel discorso non erano presenti parole come correzione morale, redenzione, pietà, perdono, ma c’erano termini ben più pregnanti come populismo penale, capri espiatori, razzismo, disumanità.
Il 24 dicembre 2024, con l’apertura della Porta Santa nella basilica di San Pietro, è stato dato il via al Giubileo 2025. Il giorno successivo, papa Francesco ha aperto la seconda Porta Santa, collocata per l’occasione nella chiesa intitolata al Padre nostro, all’interno del carcere romano di Rebibbia. Un atto religioso dal forte valore simbolico, quello di aprire una porta in un penitenziario, come ha sottolineato lo stesso Bergoglio all’inizio della breve omelia pronunciata a braccio durante la messa: «Ho voluto spalancare la porta, oggi, qui», ha detto il pontefice.
Dietro tutta l’organizzazione dell’apertura della Porta Santa della Basilica di San Pietro, che il giorno della vigilia di Natale ha di fatto dato il via al Giubileo, c’è anche il lavoro certosino e ben organizzato quotidianamente dal reatino Federico Ciriaci. Da undici anni in forza alla Fabbrica di San Pietro e da due a capo della stessa, nell’organizzazione e il coordinamento di tutti i lavori di cui necessita la Basilica, Federico Ciriaci - 41 anni, sposato con la signora Roberta e padre di Flavio, un ragazzo di 15 anni - ha vissuto momenti di grande emozione nei giorni precedenti la cerimonia che, la sera della vigilia, ha visto papa Francesco ‘aprire’ la Porta, realizzata nel 1949 e donata dalla Svizzera, decorata con quattro ordini di formelle in bronzo che narrano la storia dell’uomo dal peccato originale fino alla resurrezione del Cristo salvatore.
Papa Francesco ha scelto il carcere di Rebibbia a Roma per l’apertura della seconda Porta Santa, in occasione del Giubileo. Una scelta forte che di fatto, come ammesso dal Pontefice, equipara la piccola chiesa del carcere a “una basilica”. Non era mai successo.