Brasile, soldato israeliano fugge con l'aiuto dell'ambasciata
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Un soldato dell’esercito israeliano va in vacanza in Brasile. E rischia di rimanerci. Il motivo? Ha preso parte azioni nell’Idf a Gaza e poi le ha postate sui suoi profili social: per questo motivo è stato riconosciuto e denunciato per crimini di guerra da una associazione umanitaria e successivamente convocato dalla polizia per un interrogatorio. L’uomo, però, è riuscito a fuggire dal paese sudamericano, evitando ogni tipo di conseguenza. (Il Fatto Quotidiano)
La notizia riportata su altre testate
La vicenda è nata da una denuncia presentata dalla Hind Rajab Foundation (Hrf, un gruppo di difesa dei diritti dei palestinesi con sede in Belgio), che accusa il soldato israeliano, anche in base a tracce lasciate sui suoi profili social, di essere coinvolto nelle sistematiche demolizioni di abitazioni civili a Gaza (QUOTIDIANO NAZIONALE)
Cresce sempre di più il rischio per i soldati israeliani di essere arrestati all’estero dopo aver prestato servizio a Gaza. Se un soldato di qualsiasi Paese del mondo lasciasse la propria patria per recarsi altrove (per farsi una vacanza, per andare a trovare dei parenti, per ricevere delle cure o per qualsivoglia ragione una persona si recasse in uno Stato straniero) difficilmente sarebbe costretto a lasciarlo perché indagato dalla magistratura locale in quanto appartenente ad un esercito regolare che sta combattendo una guerra. (Mosaico-cem.it)
L’uomo, come ha confermato il padre ai quotidiani israeliani, è già rientrato a Tel Aviv, aiutato dal consolato. Ma … (Il Fatto Quotidiano)
Il governo israeliano averte i suoi cittadini dopo il pericolo scampato: «Attenzione ai contenuti che pubblicate sui social media» (Open)
Il dubbio è aperto anche perché proprio ieri un militare israeliano sotto indagine per presunti crimini di guerra nella Striscia di Gaza è stato costretto a fuggire in fretta e furia dal Brasile, dove era in vacanza, per giunta grazie all'intervento decisivo del ministero degli Esteri israeliano. (il Giornale)
A sostegno delle accuse, la Hind Rajab Foundation – intitolata alla memoria della piccola gazawi di cinque anni uccisa dall’esercito israeliano mentre, bloccata in auto, chiedeva aiuto al telefono alla sua mamma – ha raccolto oltre 8mila documenti, foto, video, rapporti forensi, registrazioni audio e post sui social media. (il manifesto)