Caso Goldberg: cos’è Signal è perché tutti ne parlano

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Il Sole 24 ORE ESTERI

Chiamiamolo incidente digitale grossolano. Un nome, un contatto, inserito in una chat, solitamente di WhatsApp, per errore. E’ un copione che si ripete spesso: la fretta, l’omonimia, sono le cause della distrazione. I danni, perlopiù delle volte, rimangono contenuti nei limiti dell’imbarazzo reciproco. Ma se lo stesso errore lo commettono i vertici della sicurezza americana, includendo un estraneo in una chat top secret, la situazione può rapidamente trasformarsi da gaffe a potenziale disastro. (Il Sole 24 ORE)

Ne parlano anche altri giornali

Waltz ed Hegseth in bilico? Sembrerebbe di sì a giudicare dall’offensiva con cui i democratici, spalleggiati da alcuni media, hanno rialzato la testa per la prima volta dal trionfo elettorale di Donald Trump, il 5 novembre scorso. (La Stampa)

Il capo del Pentagono, Pete Hegseth, ha fornito i dettagli precisi dell'operazione direttamente nella chat di Signal. "Di norma, non pubblichiamo informazioni sulle operazioni militari, ma le dichiarazioni di Hegseth, Gabbard, Ratcliffe e Trump, unite alle affermazioni fatte da numerosi funzionari dell'amministrazione secondo cui stiamo mentendo sul contenuto dei testi, ci hanno portato a credere che le persone dovrebbero vedere i testi per trarre le proprie conclusioni", ha scritto la rivista. (Il Giornale d'Italia)

Il Consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Mike Waltz si è assunto la "piena responsabilità" per la creazione della chat nella quale era inserito il giornalista di The Atlantic Jeffrey Goldberg (Adnkronos)

"E' una bugia, Hegseth ha postato sulla chat piani di guerra". Jeffrey Goldberg, direttore di The Atlantic, si è ritrovato nella chat tra gli alti funzionari che discutevano l'azione contro gli Houthi nello Yemen. (Adnkronos)

Non tutte le gaffe vengono per nuocere, dice Federico Rampini. L’ultima vicenda che ha coinvolto i vertici dell’amministrazione Trump ha rivelato un dibattito interno sulla politica estera americana, offrendo uno sguardo inedito sulle dinamiche decisionali della superpotenza. (Corriere TV)

Già alla Conferenza di Monaco dello scorso febbraio, il vicepresidente JD Vance aveva chiarito che a Washington il pensiero dominante era che gli europei più che dei partner fossero degli scrocconi, che le nostre democrazie fossero infiltrate da élite politiche che ne tradiscono i valori fondanti e il cui obiettivo principale sia quello di sbarrare la strada alle forze di estrema destra, contro l’interesse e la volontà degli elettori. (ISPI)