L’Incubo Dazi Travolge Il Vino Italiano: Export A Rischio E Tensione Diplomatica
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Mentre l’ombra dei dazi statunitensi si allunga sull’agroalimentare italiano, i produttori di vino misurano i danni potenziali di una guerra commerciale che rischia di stravolgere bilanci e strategie. Antonio Capaldo, presidente di Feudi di San Gregorio – realtà campana che fattura 28 milioni di euro e produce 4 milioni di bottiglie l’anno – non nasconde l’allarme: «Il 20% di dazi sarebbe un problema, ma gestibile. Il 200% una sciagura». Un timore condiviso da un settore che, solo in Campania, genera 1,37 milioni di ettolitri e 60 milioni di export, gran parte dei quali destinati agli Stati Uniti.
La tensione, che potrebbe materializzarsi con un annuncio ufficiale già nella serata del 2 aprile, ha paralizzato gli ordini in Sardegna, dove molti imprenditori hanno preferito bloccare le spedizioni pur di evitare la “stangata”. Se Trump confermerà l’aumento dei dazi fino al 200%, il prezzo al consumo dei vini italiani oltreoceano lieviterebbe al punto da renderli poco competitivi. Un colpo durissimo per regioni come il Veneto, il cui export verso gli Usa vale quasi 8 miliardi di euro. Luca Zaia, presidente della Regione, invoca prudenza: «L’impatto sarebbe devastante, ma la soluzione non è il muro contro muro. L’Ue deve puntare sulla diplomazia».
Le stime di Svimez, intanto, dipingono uno scenario preoccupante per la Campania: 296 milioni di euro di export in meno e 3.252 posti di lavoro in bilico, con l’agroalimentare tra i settori più esposti. Numeri che, seppur cauti, raccontano di un’emergenza non più rinviabile. Senza contare che l’eventuale ritorsione europea – come accennato dalla von der Leyen – rischierebbe di inasprire ulteriormente gli equilibri già fragili tra Bruxelles e Washington