La Città Proibita Recensione
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Azione, kung fu, sentimento, melodramma, commedia: tutto mescolato assieme, gestito alla perfezione, girato benissimo. Questa volta Mainetti fa centro. La recensione di La Città Proibita di Gabriele Mainetti. Lo ammetto: a me Gabriele Mainetti non è che avesse convinto molto, finora. Per carità, gli ho sempre riconosciuto la voglia di fare in Italia un cinema che non fa praticamente nessun altro (e che manca tantissimo), così come la capacità di girare con una spettacolarità e una gestione tecnica della macchina cinema che da noi non ha praticamente nessun altro (e che manca tantissimo). (ComingSoon.it)
Se ne è parlato anche su altri media
È da questa parola che si deve partire per analizzare La città proibita di Gabriele Mainetti. Serve abilità per trovare un punto di incontro tra Oriente e Occidente, serve abilità per creare un ponte tra il cinema di Hong Kong e quello italiano. (cinematografo.it)
I giardini di piazza Vittorio, i portici, i negozi sono popolati da un’umanità con gli occhi a mandorla. Lo sa bene il regista romano Gabriele Mainetti che ambienta in questo quartiere il suo nuovo film, una storia d’amore e di kung-fu, scandito da molte, strepitose scene di combattimento, La città proibita, dal 13 marzo nelle sale. (QUOTIDIANO NAZIONALE)
Intervista a Gabriele Mainetti e Sabrina Ferilli. Protagonista e' Mei, una giovane ragazza cinese che negli anni Novanta si reca a Roma alla ricerca della sua sorella maggiore Yun. (Tiscali)
Kung-fu all’amatriciana, echi di Tarantino, nostalgia di «Vacanze romane», azione, amore, cucina e vendetta: c’è tutto questo nel sorprendente nuovo film di Gabriele Mainetti, «La città proibita», dove i combattimenti degni di Bruce Lee si mescolano alle morbidezze dei sentimenti e al graffio della commedia e dove, intorno all’incontro tra una misteriosa ragazza cinese e un giovane cuoco romano, Yaxi Liu e Enrico Borello, si muove un cast di veterani impreziosito da Sabrina Ferilli, Marco Giallini e Luca Zingaretti. (ilmattino.it)
La città proibita è il nome di un ristorante cinese nel crogiolo etnico di Piazza Vittorio, a Roma, il varco verso un mondo sotterraneo di immigrazione clandestina e criminalità, proprio di fronte a una delle ultime trattorie romane che s’arrabattano per tirare avanti, da Alfredo, il tavolo fisso dell’anziano fuorilegge. (la Repubblica)
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