Salis attacca l’Ue sulla lista dei Paesi sicuri, mentre l’Italia consolida il suo ruolo
Articolo Precedente
Articolo Successivo
Pur di reprimere l’immigrazione, l’Unione europea ha accelerato i tempi per l’esame delle domande di asilo, introducendo una lista di sette "Paesi sicuri" – Kosovo, Bangladesh, Colombia, Egitto, India, Marocco e Tunisia – i cui cittadini vedranno le loro richieste valutate in soli tre mesi anziché sei. Una mossa che ha scatenato le critiche di Ilaria Salis, da tempo in prima linea contro le politiche migratorie dell’Ue, e che riaccende il dibattito sul ruolo dell’Italia, considerata tra i Paesi faro dell’Unione in materia.
La Commissione europea, anticipando alcuni punti del nuovo Patto su migrazioni e asilo, ha stabilito che gli Stati membri potranno applicare procedure accelerate per i richiedenti protezione internazionale provenienti da territori con bassa percentuale di riconoscimento dello status. Una decisione che, se da un lato mira a snellire le pratiche, dall’altro solleva interrogativi sulla reale sicurezza di alcuni Paesi inclusi nell’elenco. Non a caso, la designazione di "Paese di origine sicuro" – come dimostrano i casi di due cittadini bangladesi respinti alla frontiera albanese – può avere conseguenze immediate: le loro domande, esaminate in tempi record, sono state giudicate "manifestamente infondate" e respinte.
La questione, del resto, non è solo politica ma anche giuridica. Come evidenziato dalle Conclusioni dell’avvocato generale Jean Richard de la Tour, uno Stato membro può stabilire per legge quali siano i Paesi sicuri, purché renda pubbliche le fonti su cui basa tale valutazione. L’Italia, che ha inserito il Bangladesh nella lista, si è trovata al centro di polemiche, con le opposizioni che contestano l’allineamento del governo Meloni alle direttive Ue. Eppure, a dispetto delle previsioni critiche emerse dopo le elezioni del 2022, Roma ha rafforzato la sua influenza in Europa, lasciando poco spazio alle obiezioni degli avversari.