Benvenuti nel cuore del voto arabo, qui niente facce elettorali

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il manifesto ESTERI

La città di Paterson, in New Jersey, ospita la seconda comunità arabo americana più grande degli Stati Uniti, ma Little Ramallah, che si trova nell’area sud della città, è l’enclave palestinese americana più grande del Paese. Una parte della Main Street, la via principale, è stata ufficialmente ribattezzata “Palestine Way”. Per cambiare quel nome, il voto del consiglio comunale è stato un perentorio 8-1. (il manifesto)

Su altre fonti

La battuta è rivelatrice di quanto ogni voto nelle odierne elezioni americane, dalla Casa Bianca al Congresso, sia importante. Il commento ironico al New York Times è di Yossi Gestetner, membro di una comunità haredi (dall’ebraico “timorati di Dio”) di New York. (Moked)

Il voto ebraico vede Kamala Harris (candidata democratica alla presidenza) in vantaggio con il 56%, mentre Donald Trump raccoglie il 43% delle preferenze. (Inside Over)

Secondo il Cair, Council on American-Islamic Relations, il più grande gruppo di difesa dei diritti musulmani negli Stati Uniti, i voti degli islamici per le presidenziali, potrebbero essere decisivi per la vittoria di uno dei due candidati. (L'Opinione delle Libertà)

Nella prima città a maggioranza araba degli Stati Uniti ha stravinto Trump. «Harris e Biden non hanno fatto nulla per Gaza»

Nell'ultimo anno, la comunità arabo-americana – storicamente vicina al partito democratico e avversa alla retorica anti-musulmana di Trump – si è progressivamente allontanata dal duo Biden-Harris, accusandolo di non aver saputo gestire il conflitto fra Hamas e Israele e di non aver posto condizioni all'invio di armi americane che, nelle mani dell'esercito israeliano, fra Gaza e Libano stanno causando decine di migliaia di morti. (Corriere del Ticino)

Le comunità ebraiche negli Stati Uniti sono al centro di un profondo mutamento, influenzato da dinamiche sociali, geopolitiche e generazionali complesse, nonché dai conflitti e dalle situazioni economiche che riflettono, a vari livelli, le tensioni del nostro tempo. (Mosaico-cem.it)

Era il 1979. Se abiti a Detroit, Ann Arbor, Ferndale, Northville, Livonia, può essere che ti venga voglia di andare a fare un giro nella piccola Beirut del Midwest, mangiare un dolcetto mediorientale, passare per la moschea più grande d'America in 9945 Vernor Highway e visitare il museo di Henry Ford, il fondatore della casa automobilistica più importante degli Stati Uniti che, all'inizio del 900, ha trasferito proprio a Dearborn la produzione della sua Model T, trasformando uno sconosciuto villaggio del Michigan in un polo industriale dove hanno trovato lavoro migliaia di uomini e donne che lasciarono lo Yemen, il Libano, la Siria il Nord Africa per quei sognati cinque dollari al mese: lo stipendio di un operaio. (Corriere della Sera)