Le elezioni Usa dimostrano che i grandi media americani non hanno imparato nulla dal 2016

Ultim'ora news 13 novembre ore 20 Dopo lo shock delle elezioni del 2016, i giornalisti dei grandi quotidiani nazionali, il cui compito era quello di raccontare alla gente cosa stava accadendo in America, hanno scoperto di conoscere il loro Paese tanto quanto la Corea del Nord. I loro capi fecero allora un voto. Dovevano raccontare meglio la nazione. In particolare, dovevano fare un lavoro migliore per capire la mente degli elettori che avevano eletto Donald Trump, sfidando in qualche modo il 91% di probabilità con cui i media avevano decretato la vittoria della loro eroina Hillary Clinton (Milano Finanza)

La notizia riportata su altri giornali

I partner storici degli Usa temono infatti che il secondo mandato del tycoon possa essere caratterizzato da una politica estera isolazionista dalle conseguenze disastrose, tra gli altri, per l’Europa, il Giappone, la Corea del Sud e Taiwan. (il Giornale)

/// (Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) – (agenzia giornalistica opinione)

Ma questo lungo tempo di attesa non pare aver finora prodotto strategie operative e quel salto di qualità che sarebbe necessario, prima per non perire e poi per svolgere quel ruolo che l’Europa ha svolto con grandi risultati nei decenni passati, cioè di coniugare il volto di un altro Occidente, promotore di pace, progresso condiviso e multilateralismo. (Vita)

La scelta oligarchica, i voltafaccia, le accuse ai neri: gli errori che hanno affondato Harris

Donald Trump è stato consacrato come quarantasettesimo presidente degli Stati Uniti. La notizia è stgata confermata ben prima delle attese dalle proiezioni definitive pubblicate dal The Associated Press: con 312 grandi elettori e 74,5 milioni di voti, Trump ha battuto Kamala Harris, che ha invece ottenuto 226 grandi elettori e poco meno di 71 milioni di voti. (Econopoly)

Come molti hanno scritto in questi giorni, la vittoria di Trump segna un passaggio storico. Anche se, essendo basata su un mix di elementi eterogenei, se non anche contraddittori, è molto difficile dire a quali esiti condurrà. (Avvenire)

A quest’ora potremmo essere qui a discutere tranquillamente sull’agenda di una presidenza repubblicana in mano a Nikki Haley, o a Ron DeSantis, due leader della destra certamente più rassicuranti sotto il profilo etico e caratteriale. (Corriere della Sera)