25 aprile, la lezione di Calamandrei e il diritto alla democrazia che unisce
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C’è un filo che lega le parole di Piero Calamandrei, la Resistenza e le celebrazioni di oggi: la Costituzione, che «vive solo se la facciamo vivere». Un principio che non è una semplice affermazione retorica, ma il fondamento stesso di un diritto più ampio, quello alla democrazia, riconosciuto dall’articolo 21 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 e ribadito dalla Carta costituzionale italiana. Un diritto che, come un albero dalle molte radici, abbraccia dignità, libertà, uguaglianza e sicurezza, senza le quali nessuna società può dirsi veramente libera.
A ottant’anni dalla Liberazione, il 25 aprile non è solo una ricorrenza storica, ma un momento per ricordare chi, in modi diversi, contribuì a scriverne le pagine. Non fu un movimento “di parte”, come qualcuno ancora sostiene, ma un moto collettivo che vide protagonisti giovani di ogni estrazione, militari, civili, donne e persino internati nei lager tedeschi. Tra questi, Giuseppe De Toni e Franco Balbis, due soldati che nello stesso giorno – il 5 aprile 1945 – scrissero parole identiche, pur senza essersi mai conosciuti: «Bisogna riportare l’Italia a essere onorata e stimata nel mondo intero». Una coincidenza che non è casuale, ma il riflesso di un sentire comune.
Intanto, a Civitella in Val di Chiana, il Gp Liberazione torna dopo un anno di pausa, segnato nel 2024 dalla visita del presidente Sergio Mattarella. La corsa ciclistica, organizzata dalla Polisportiva Albergo Oliveto, non è solo sport: è un modo per unire generazioni, con oltre 200 atleti tra Esordienti e Allievi pronti a pedalare sotto lo stesso simbolo.