«Per l’Europa, con Trump, saranno più le difficoltà che i vantaggi»: intervista a Oliviero Bergamini
«La vittoria di Trump era lo scenario peggiore, quello in cui a trionfare è un condannato, un bugiardo cronico che ha gestito in modo terribile una pandemia, ha cercato di ribaltare il risultato delle ultime elezioni scatenando una folla inferocita contro il Parlamento, ha definito l’America “il bidone della spazzatura del mondo” e ha minacciato di vendicarsi dei suoi avversari politici». Sono parole al veleno quelle che Susan Glasser lancia dalle pagine del New Yorker, eppure Donald Trump ha vinto, anzi: ha stravinto. (L'Eco di Bergamo)
Su altre fonti
In Germania è al capolinea il governo del cancelliere federale Olaf Scholz, socialdemocratico appannato, dimostratosi incapace di affrontare con decisione la pesante crisi economica che investe l'ex locomotiva tedesca. (LaC news24)
Due di queste, ieri, mi hanno fatto pisciare da risate, e scusate l’orribile locuzione ma non esiste altro termine quando leggo certe cose. Chi poteva mettersi a scrivere e ad analizzare la vittoria del tycoon? Chi aveva osservato cosa succedeva in America? Chi si era fatto un giro nei luoghi in cui Trump ha vinto senza limitarsi a frequentare solo Washington, Los Angeles, San Francisco, Boston e New York dove ha vinto la Harris? Chi aveva pensato di andare oltre il Democratic National Congress a Chicago guardando che cosa si pensava nei fortini Trump? No. (Nicola Porro)
Post di Luca Battaglia, laureato in Economia e Finanza Aziendale, appassionato di tematiche politiche e geopolitiche e co-fondatore del blog Pillole di Politica – (Econopoly)
Lasciassero perdere gli elementi retorici e cercassero di capire… Nessuno si attendeva una vittoria di Trump tanto netta, a dispetto delle vicende giudiziarie e dello “stile” del personaggio. (La Stampa)
Min lettura (Valigia Blu)
Per chi vota una donna? Non per una donna, s’è letto e ripetuto negli ultimi giorni dopo l’esito del voto americano, provando a interpretare le ragioni del fallimento di Kamala Harris (dopo quello di Hillary Clinton) a partire dalla sua storia personale, da un profilo forse troppo elitario per poter risultare vicino alle masse di donne “normali” chiamate ai seggi, da un modello di leadership troppo influenzato da quello maschile e maschilizzato di Trump. (Avvenire)